Mondo

Principi in contrasto con i valori dell’Unione

  • Abbonati
  • Accedi
l’analisi

Principi in contrasto con i valori dell’Unione

Prolungamento della detenzione dei richiedenti asilo. Trattamenti inumani e degradanti. “Muro anti-immigrati” in costruzione. Un mix di pratiche in aperto contrasto con i diritti dell’uomo che hanno spinto il Consiglio di Stato, con sentenza del 27 settembre (n. 4004/2016), a bloccare il trasferimento verso l’Ungheria di un cittadino extra Ue, richiedente asilo. I giudici amministrativi hanno bollato l’Ungheria, Paese membro dell’Unione europea, come Stato non sicuro e hanno così fermato l’allontanamento verso Budapest. È la prima volta che accade nei confronti dell’Ungheria. Così, i giudici hanno riempito un vuoto perché l’Unione europea assiste inerte a pratiche in aperto contrasto con i valori fondanti dell’Unione stessa e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La discesa verso il basso di alcuni Paesi membri in materia di immigrazione e di asilo è sotto gli occhi di tutti e si estende a macchia d’olio. Con alcuni Paesi, come l'Ungheria, che certo sono in testa nella classifica degli Stati che adottano politiche di stampo xenofobo. Ma nulla è stato fatto. Qualche sintetica dichiarazione e basta. Proprio mentre è alle porte il referendum voluto da Orban sulle quote di cittadini extra Ue.

La questione dinanzi al Consiglio di Stato verteva sul provvedimento della Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo – Unità di Dublino che aveva deciso il trasferimento in Ungheria del ricorrente perché lì era stata presentata la domanda di asilo. Arrivato in Italia, l’uomo aveva avanzato una nuova istanza ma le autorità italiane avevano chiesto a quelle ungheresi di riprendere in carico l’interessato secondo l’articolo 18 del regolamento n. 604/2013 (Dublino). Il Tribunale amministrativo del Lazio aveva ritenuto legittima la decisione e dato, in pratica, il via libera al rientro in Ungheria. Diversa la posizione del Consiglio di Stato che ha annullato la sentenza del Tar. Per arrivare a questa conclusione il Consiglio di Stato ha fatto un’attenta valutazione dello stato dei diritti dell’uomo in Ungheria con riferimento ai richiedenti asilo. Sono proprio le carenze sistemiche nella procedura di protezione internazionale e le condizioni di accoglienza a far decidere i giudici amministrativi nel senso di impedire il trasferimento, in linea con quanto previsto dall’articolo 3 del regolamento Dublino. È fondato – osserva il Consiglio di Stato – il rischio che lo straniero richiedente sia sottoposto a trattamenti inumani e degradanti in Ungheria. A sostegno di questa conclusione i giudici citano le dichiarazioni dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i rifugiati, di Human Rights Watch e di Amnesty International. Ma a ben guardare parlano da sole le scelte del Governo e del Parlamento ungherese. Quest’ultimo ha approvato a luglio 2015 una legge sull’immigrazione che calpesta i diritti dei migranti, ha previsto una procedura accelerata per le espulsioni e una stretta sulla concessione dell’asilo, inclusa la cancellazione delle istanze se i richiedenti lasciano la residenza in Ungheria per più di 48 ore. Fino ad arrivare alla vergogna d’Europa ossia il “muro anti-immigrati”.«Una barriera – scrive il Consiglio di Stato – che «ben rappresenta il clima culturale e politico di avversione al fenomeno dell’immigrazione e della richiesta di protezione
dei rifugiati».

D’altra parte, l’Ungheria è anche nel mirino di Bruxelles: la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione proprio a causa di alcune regole interne che portano, di fatto, all’allontanamento dei richiedenti prima che si concluda l’iter. Tutti elementi che fanno «ritenere fondato il rischio che il provvedimento impugnato esponga il ricorrente alla possibilità di subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue». Così la decisione spetta all’Italia.

© Riproduzione riservata