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A Londra spinte autarchiche e l’ombra del razzismo

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L’analisi

A Londra spinte autarchiche e l’ombra del razzismo

Amber Rudd (Afp)
Amber Rudd (Afp)

LONDRA - L'errata corrige di Amber Rudd, ministra degli interni britannico, è arrivata troppo tardi per cancellare la piaga aperta da parole pronunciatedue giorni fa al congresso Tory che non si possono riassumere come la solita “battuta infelice”. Immaginare un censimento dei lavoratori stranieri nelle imprese del Regno ce lo potevamo aspettare nella Polonia del Pis o nell'Ungheria di Orban, non nella Gran Bretagna guidata da una signora premier, la seconda nella storia del Regno dopo quel campione di liberismo che fu Margaret Thatcher.

L'Home office ha corretto il tiro, ma senza allungare il cancellino sugli altri gioielli messi in fila dalla signora Rudd, che invoca test più severi per chi vuole assumere all'estero e anche per gli studenti che guardano alle accademie del Regno. Si dimentica, Amber Rudd, che il boom britannico nasce anche dalla capacità di attrarre creatività e genialità da tutto il mondo. Si dimentica soprattutto che gli studenti non Ue pagano cifre stratosferiche per sedere in un’università che – prima linea a parte – non sono necessariamente sempre eccellenze.

E presto, grazie alla Brexit, quelle cifre le pagheranno anche gli studenti europei. Memoria corta di un Paese che si risveglia avvolto nell'Union Jack come non accadeva da decenni. Londra cede a spinte autarchiche, a voglie nazionalistiche, a sogni di grandeur più ridicoli che preoccupanti. È un rivoluzione “quieta” ha detto Theresa May. Rivoluzione sembra proprio esserlo, ma che possa dispiegarsi in ordinato e silenzioso non è affatto detto.

A guardare almeno gli episodi di violenza e le minacce agli immigrati dall'Europa orientale. Ombre di razzismo attraversano il Paese e anche per questo le “battute infelici” sarebbe opportuno evitarle.

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