Il “che cosa” è abbastanza chiaro. Cioè dobbiamo evitare che la temperatura dell’atmosfera mondiale si scaldi troppo. È questo l’oggetto dell’Accordo di Parigi sul clima raggiunto all’Onu nel dicembre scorso che anche l’Europa ha deciso di ratificare, facendo scattare l’impegno climatico in tutto il mondo. Ma se il “che cosa”, l’obiettivo, è chiaro, è molto più oscuro, difficile e contraddittorio il “come”. Cioè come raggiungere questo obiettivo. Un errore potrebbe compromettere l’obiettivo ma potrebbe perfino conseguire un risultato opposto, peggiorativo. Per esempio, politiche climatiche ed energetiche mal dosate potrebbero arrivare a benefici zero in cambio di un costo economico insostenibile. Continua pagina 20
Se è facile capire che cosa vogliamo, cioè che la natura si assesti su una temperatura di equilibrio più calda, è difficile stabilire come ottenere ciò. L’obiettivo dell’Accordo di Parigi è contenere entro un paio di gradi l’aumento di temperatura dell’atmosfera. I due gradi sono una cifra tonda e non scientifica perché la mente umana chiede cifre tonde, così come nelle scorse settimane c’è stato un allarme inorridito nel mondo perché la concentrazione di anidride carbonica nell’aria ha superato il confine psicologico di 400 parti per milione, cioè lo 0,04%.
L’effetto serra trattiene nell’aria il calore del sole e fra i molti gas che lo producono l’anidride carbonica è quello più abbondante e famoso. L’anidride carbonica si produce nei processi di combustione naturale (eruzioni, incendi di foreste), biologica (la respirazione di piante e animali) e artificiale (centrali elettriche, motori, caldaie).
Quale sarà lo strumento per ridurre le nostre emissioni? Non sarà una sola tecnologia ma una tastiera ricca di toni.
Le fonti rinnovabili di energia sono una risposta indispensabile, da perseguire con testardaggine, ma purtroppo oggi non sono ancora la risposta unica perché queste tecnologie hanno poca densità energetica. Servono impianti giganteschi per estrarre dal vento, dalla luce del sole o dalla pioggia l’energia concentrata in una centrale termoelettrica.
Per rinunciare a petrolio e carbone si potrebbe produrre molta energia a comando senza emettere nemmeno un fil di fumo con l’energia nucleare. Però lo tsunami di Fukushima del marzo 2011 è diventato famoso non perché l’onda aveva spazzato e ucciso l’enormità di 30mila persone ma per la fusione del nocciolo della centrale Dai-Ichi, pochissime vittime e un enorme impatto nell’immaginario mondiale. Così oggi si stanno paralizzando i progetti nucleari: sempre meno Governi sono disposti a garantire i danni in caso di incidente e rigirano le garanzie sulle aziende elettriche, che le riversano sui costruttori.
E poi l’efficienza energetica, consumare meno. Si tratta di far diventare sexy la certezza di subire subito un “segno meno” nella speranza di avere un “segno più” in futuro.
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