LONDRA - Bavaglio ai docenti ? Non proprio, ma un caldo invito a tenere per sè stessi consigli non più richiesti. E' l'ultimo bizzarro giro di danza di Brexit che questa volta coinvolge docenti universitari e in particolare, per ora, quelli della London school of Economics. Il Foreign office ha comunicato all'augusto istituto che l'attività di consulenza al governo di nove docenti specializzati in materie europee non sarà più sollecitata in quanto i professori in questione non sono cittadini britannici.
Uno in realtà ha doppio passaporto e quindi, immaginiamo, che l'attività di advisory potrà continuare a giorni alterni. Battute a parte la ragione della messa al bando di docenti made in EU dai corridoi di Whitehall è stata giustificata dal ministero degli esteri per i rischi connessi alla riservatezza del materiale di lavoro. In altre parole l'uso che potrebbe essere fatto di documenti delicati inerenti i negoziati anglo-europei che cominceranno non appena attivato l'articolo 50 di recesso dall'Unione.
Docenti spie? La paura sembra quella. Un passaggio che Steve Peers professore di diritto europeo all'università di Essex e intervistato dal Guardian ha liquidato con poche battute. “Non capisco davvero timori del genere – ha detto – una decisione di questo tipo suona come un atto di ostilità e di xenofobia”. La London school of economics è stata secca. “Il nostro corpo accademico, inclusi i docenti non britannici, ha un grande expertise che può essere vitale in tempi di incertezza sulle relazioni euro-britanniche. Per quanto riguarda le misure di sicurezza, questa è materia del governo”.
Il caso è destinato ad accelerare la polemica che spacca il Paese: le politiche restrittive sull'immigrazione intra Ue minacciate da Theresa May in questi giorni inquietano ampi strati dell'opinione pubblica. In particolare le università che fuori dal mercato interno finirebbero per perdere gran parte del gettito che ora garantiscono gli studenti del continente.
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