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Il vuoto di leadership che fa comodo al Cremlino

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L'Analisi|Europa

Il vuoto di leadership che fa comodo al Cremlino

Le cronache dal basso impero americano non sollevano entusiasmo ma qualcuno comunque dovrà pur governare l’America e il nuovo disordine mondiale.

L’ ultimo dibattito ci ha consegnato un copione da “Sesso bugie e videotape”, film vincitore a Cannes nell’89. L’aspetto interessante è che il pubblico partecipa divertito o scandalizzato, star di Hollywood e della politica comprese, mentre si contano milioni di tweet che faranno volare il titolo a Wall Street. Questi sono i tempi bellezza e tu non puoi farci niente, si potrebbe dire parafrasando Bogart. Per la verità i due candidati qualche idea esile l’hanno espressa parlando di Siria e Russia ma devono aver fatto sorridere Putin ed Erdogan che si sono incontrati a Istanbul in nome della realpolitik e della spartizione di interessi energetici e sfere di influenza. Trump vorrebbe allearsi con Mosca e l’Iran per far fuori i jihadisti dell’Isis ma non va oltre. La Clinton esclude un intervento di terra lasciando aperta la possibilità di armare i curdi, cosa che per altro avviene già ma stranamente non ne appare informata. L’improponibile candidato con il ciuffo e l’ex segretario di Stato condividono un forte deficit di credibilità. Il segretario di Stato John Kerry, eroe di guerra pluridecorato e mediatore di successo con l’Iran, ha dovuto passare questi anni a sbrogliare i guai della Clinton. Ma nell’America di oggi c’è spazio solo per il meno peggio. Niente di più rassicurante per lo spregiudicato Putin che sfrutta le contraddizioni americane in Medio Oriente. Putin si è lanciato nel vuoto lasciato dall’America e approfitta dello sfibrante cambio di guardia a Obama. Erdogan non si fida degli americani e gli americani non si fidano di lui. È convinto che dietro il fallito golpe del 15 luglio sia stata coinvolta la Cia oltre che l’imam Gulen e che gli Usa favoriscano l’irredentismo curdo, il vero incubo strategico di Ankara. Per questo, dopo i sanguinosi insulti scambiati per l’abbattimento del caccia russo, ha ricucito con Putin che vede nella Siria un’ottima occasione per piazzare le basi sul Mediterraneo, vecchio sogno dei mari caldi inseguito dagli Zar. Ma la lettura di un conflitto imminente con Mosca appare esagerata. Certo Putin agisce come se fossimo in clima da guerra fredda. Teme che l’Occidente provi a destabilizzarlo come ha fatto con l’Ucraina e le rivoluzioni “colorate” quindi sposta i missili balistici a Kaliningrad e fa volare Tupolev atomici sulla Bretagna, al punto che l’Eliseo mette in dubbio l’incontro del 19 ottobre con il leader russo. I dati però dicono altro. Le spese militari di Gran Bretagna, Francia e Germania sono più del doppio di quelle russe, il Pil di Mosca è paragonabile a quello italiano e se il prezzo del petrolio non aumenta avrà difficoltà a fare il bilancio in un Paese che vive per il 70% di export di gas e oro nero. Se dall’America arrivano cronache da basso impero, quelle dell’austerità russa fanno pensare che la ricostruzione di quello sovietico appare assai lontana.

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