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Mosul, gli italiani a 30 chilometri dalla prima linea

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la guerra all’isis

Mosul, gli italiani a 30 chilometri dalla prima linea

Un soldato iracheno dopo la riconquista di un villaggio presso Mosul
Un soldato iracheno dopo la riconquista di un villaggio presso Mosul

Le forze militari italiane in Iraq non prendono parte all’offensiva in atto contro lo Stato Islamico a Mosul, e non entreranno in città. Lo ha ribadito nei giorni scorsi il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, confermando la linea di condotta mantenuta dal governo Renzi in oltre due anni di adesione alla Coalizione basata su una consistente presenza italiana ma senza coinvolgimenti in azioni belliche.

Roma schiera circa 1.400 militari tra la Diga di Mosul (500 bersaglieri), il centro di addestramento delle forze curde e il reparto elicotteri a Erbil (500) e della polizia irachena a Baghdad (120 carabinieri) e gli aeroporti kuwaitiani dove sono basati una mezza dozzina di cacciabombardieri Amx e droni Reaper più un rifornitore KC-767A con 220 militari dell’aeronautica. A questi reparti vanno aggiunti anche un numero imprecisato di incursori delle forze speciali (si dice oltre un centinaio) assegnati anche al supporto delle forze curde e irachene come consiglieri militari.

Nel complesso Roma schiera in Iraq il secondo contingente della Coalizione dopo quello statunitense (quasi 5.700 militari), ma è l’unico a non avere compiti di combattimento. Per l’offensiva sulla città in mano da oltre due anni allo Stato Islamico gli Stati Uniti hanno messo in campo forze speciali, elicotteri da attacco Apache, cannoni M-777 e lanciarazzi pesanti Himars, Londra gli incursori dello Special Air Service già entrati in azione, secondo alcune indiscrezioni, insieme alle forze speciali di Parigi che ha schierato anche 4 semoventi d’artiglieria Caesar.
Tra le forze che contribuiscono all’offensiva irachena vi sono poi i velivoli di tutti i Paesi della Coalizione. Tutti esclusi gli italiani poiché i nostri caccia e droni volano, presumibilmente anche su Mosul, ma disarmati e con compiti limitati alla ricognizione e sorveglianza mentre le forze dell’esercito non hanno artiglieria e mezzi pesanti idonei a condurre azioni offensive. Neppure i bersaglieri del 6° reggimento della brigata Aosta schierati a difesa della Diga di Mosul e del cantiere della Trevi (che esegue lavori di consolidamento dell’infrastruttura) nell’ambito dell’Operazione Praesidium. La guarnigione italiana, affiancata da truppe curde e irachene, si trova ora a quasi 30 chilometri dalla prima linea ma solo un paio di settimane or sono è stata fatta oggetto del lancio di 4 razzi da parte dell’Isis caduti fuori dal perimetro della base.

Il rischio di attacchi suicidi contro i bersaglieri resta alto ma l’avanzata delle forze curde verso Mosul riduce il rischio di bombardamenti o attacchi militari su vasta scala contro gli italiani così come risultano fuori dal raggio d’azione dell’Isis (attentati esclusi) anche gli istruttori dell’Operazione Prima Parthica a Erbil e Baghdad.

Ci sono però due pedine militari italiane che potrebbero essere coinvolte in prima linea e in azioni di combattimento. La prima è costituita dalle forze speciali che senza troppo clamore affiancano i reparti curdi e iracheni come military advisor e la cui presenza è stata segnalata in passato anche nella provincia di al-Anbar dove erano integrati con statunitensi e australiani in un battaglione iracheno in prima linea.

Potenzialmente esposto al fuoco delle milizie del Califfato è anche il reparto elicotteristico della brigata aeromobile Friuli schierati a Erbil con 4 velivoli da trasporto NH-90 e altrettanti da attacco A-129D Mangusta con compiti di Personnel Recovery, cioè di recupero anche sotto il fuoco nemico di feriti o truppe alleate minacciate dallo Stato Islamico. La potenza di fuoco dei Mangusta, armati di missili e cannoni a tiro a rapido, consente agli NH-90 di atterrare anche in zone pericolose trasportando un plotone di fanti aeromobili del 66° reggimento Trieste.

Un tipo di missioni che non può essere escluso non solo a favore dei curdi, che non entreranno nel centro abitato di Mosul, ma dei reparti iracheni transitati nei giorni scorsi dalla diga e destinati a contendere casa per casa ai miliziani dell'Isis il controllo della città. Una battaglia che potrebbe risultare molto sanguinosa per i battaglioni iracheni ma che offre come unica alternativa l’impiego su vasta scala di bombardamenti aerei e di artiglieria che mieterebbero moltissime vittime tra la popolazione, invitata dal governo di Baghdad a chiudersi in casa. Del resto gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi hanno avuto mesi di tempo per trincerarsi, costruire bunker, tunnel e trappole esplosive per potersi preparare al meglio a far fronte all’offensiva nemica.

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