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A ridosso di un vertice europeo nel quale i Ventotto devono discutere della loro politica commerciale, la Commissione europea ha lanciato ieri un appello ai Governi perché approvino una modernizzazione della difesa commerciale europea. Bruxelles ha poi promesso di presentare entro fine anno l’attesa nuova metodologia di calcolo dei dazi con l’obiettivo di superare la questione se concedere o meno alla Cina lo status di economia di mercato. Su questo fronte, l’establishment industriale ha confermato le sue dure critiche.
Presentando una comunicazione tutta dedicata al commercio, il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen ha spiegato ieri a Bruxelles che è «imperativo» per l’Europa rafforzare le sue difese commerciali. L’Esecutivo comunitario ritiene che gli strumenti di difesa commerciale dell’Unione «debbano essere imperativamente aggiornati, rafforzati e resi giuridicamente più solidi». L’ex premier finlandese ha quindi precisato che «il commercio deve essere libero, ma giusto».
Due i temi sul tavolo mentre il futuro dell’accordo di libero scambio con il Canada è in forse a causa dell’opposizione della Vallonia. Il primo è quello della nuova metodologia nel calcolo dei dazi anti-dumping. Ieri Bruxelles ha confermato che vi sarà una proposta entro l’anno. L’obiettivo, ha precisato Katainen, è di difendere settori economici, a prescindere dall’origine nazionale dei prodotti concorrenti, superando la dicotomia tra paesi con status di economia di mercato e paesi senza status di economia di mercato.
In questo contesto, «la Commissione – ha spiegato ancora Katainen qui a Bruxelles – proporrà un nuovo metodo per calcolare il dumping sulle importazioni da paesi segnati da distorsioni di mercato e nei quali lo Stato ha una influenza dilagante nell’economia» (si veda Il Sole-24 Ore del 21 luglio). Nei fatti, l’obiettivo sembra essere quello di evitare di scegliere se concedere o meno lo status di economia di mercato alla Cina, una decisione che sta spaccando l’unità tra i Ventotto.
A questo proposito, Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa, ha avvertito che l’iniziativa non piace all’establishment industriale, contrario alla concessione dello status al paese asiatico. Secondo la Ferrarini, i due temi – vale a dire il rafforzamento delle regole anti-dumping e la concessione o meno dello status di economia di mercato alla Cina – non andrebbero mischiati: «Hanno storie separate, basi giuridiche diverse, obiettivi differenti».
Con la proposta preannunciata da Bruxelles di nuovo calcolo dei dazi, ha spiegato la Ferrarini, «l’anti-dumping europeo diverrà molto più incerto e molto meno efficace, aumentando i costi per le imprese europee che vogliono sporgere denuncia. Inoltre, l’onere di provare l’esistenza delle condizioni di mercato nel paese di origine, anziché fare capo al produttore cinese, come è sempre stato finora, diverrà compito della parte europea». Confindustria chiede quindi una modifica dell’attesa proposta comunitaria.
«La Commissione – ha aggiunto la vicepresidente di Confindustria – sembra ignorare alcune disposizioni importantissime del protocollo di adesione della Cina alla Wto che sanciscono chiaramente come il dumping cinese debba essere trattato con una metodologia a parte, perché originario di un sistema che non è di mercato. (…) Spero che la Commissaria al Commercio Cecilia Malmström cambi presto la proposta. I tempi per farlo e rimediare ai futuri danni ci sono ancora».
Dal canto suo, Aegis, l’associazione che rappresenta una trentina di settori industriali europei, è dell’avviso che «lo status di non economia di mercato è fondamentale per ogni misura anti-dumping efficace». L’altro tema oggi sul tavolo è una proposta che elimina i tetti ai dazi anti-duping. Attualmente le regole europee prevedono che i dazi debbano solo rimuovere il danno provocato da importazioni sotto costo. Il risultato è che su alcuni prodotti siderurgici cinesi i dazi europei sono del 21%, quelli americani del 266%.
Dopo tre anni, la proposta comunitaria è ancora oggetto di negoziato tra i Ventotto, tanto che Bruxelles ha esortato ieri a una intesa. L’idea di rivedere la regola, nota in inglese con l’espressione Lesser Duty Rule, piace ai paesi più manifatturieri (Italia e Francia in testa), meno a quelli che hanno meno industrie pesanti (il Regno Unito e la Scandinavia). La crisi del settore dell’acciaio ha scosso i Governi, ma sufficientemente per trovare un accordo rapido come auspicato dalla Commissione? È ancora presto per dirlo.
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