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il timing di bruxelles

Ue, l’Italia spinge sull’Accordo commerciale per i beni ambientali

Dialogo economico e commerciale UE-Cina a Bruxelles (Xinhua/Ye Pingfan)
Dialogo economico e commerciale UE-Cina a Bruxelles (Xinhua/Ye Pingfan)

In corso tra l'Unione Europea e altri paesi accordi commerciali che non sempre godono della luce dei riflettori pur rappresentando importanti ricadute per l'economia. Gli europarlamentari sono giunti a metà mandato ed è forse il tempo di conoscere il lavoro compiuto anche su temi meno conosciuti.
L'accordo per i beni ambientali (EGA) coinvolge 17 paesi dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) tra i quali oltre l'Unione Europea, anche la Cina e gli USA. A rappresentare il Parlamento Europeo durante i negoziati è l'eurodeputata dei Socialisti e Democratici Alessia Mosca che è anche responsabile per il Gruppo dei Socialisti e Democratici e relatore ombra per le relazioni commerciali con la Cina.

L'accordo, nello spirito della Conferenza di Parigi, ha come obiettivo quello di contribuire alla lotta contro il riscaldamento globale rendendo le tecnologie green più accessibili; nel 2020, secondo stime della Commissione Europea, potrebbe raggiungere un giro d'affari intorno ai 1.700 miliardi di euro. Già nel 2011 contava un giro di 777 miliardi di euro.

Con l'espressione “beni ambientali” si comprendono diversi prodotti come beni e servizi per la gestione dei rifiuti, il controllo dell'inquinamento aereo, la gestione e il trattamento delle acque, l'energia pulita e rinnovabile, abbattimento dell'inquinamento rumoroso, bonifica di terreni e delle acque, strumenti di monitoraggio ambientali. Nella lista al centro del negoziato sarebbero presenti oltre 300 prodotti.

Si tratta di beni e servizi che non possono essere sottovalutati: le esportazioni europee nel settore hanno rappresentato il 9% dell'export Ue, 147 miliardi nel 2013. L'Ue è leader tecnologico del comparto ed esportatore netto contando 70 miliardi di importazioni nel 2013. L'occupazione in questo ambito cresce del 10% annuo.

Se l'accordo entrasse in vigore l'Italia otterrebbe rilevanti effetti essendo tra i primi cinque esportatori. La tariffazione dei beni ambientali è mediamente superiore di ben tre volte rispetto agli altri beni, un accordo potrebbe aumentare la competitività anche delle aziende rendendo più accessibili ed economiche le tecnologie e i prodotti più avanzati. In Cina la tassazione doganale sui prodotti green è del 5.3%.

Alessia Mosca intervenendo nei giorni scorsi all'interno della Commissione Commercio Internazionale del Parlamento Europeo ha ribadito che «Questo accordo non deve diventare uno strumento di mera liberalizzazione. I beni, il cui commercio verrà liberalizzato, sono stati selezionati pensando al loro utilizzo per scopi ambientali, come pannelli solari e turbine per pale eoliche. Tuttavia, oltre al loro potenziale uso, dobbiamo valutarne il percorso produttivo. La liberalizzazione del commercio di alcuni prodotti, come le biciclette, il cui processo manifatturiero in Europa rispetta, giustamente, i più rigidi standard ambientali potrebbe, paradossalmente, avere un risultato ambientale negativo. Infatti, una tonnellata di CO2 emessa in un Paese con regolamenti ambientali meno rigorosi, oltre a essere parimenti dannosa, è anche più conveniente».

Il dumping oltre che economico può essere anche sociale e ambientale. L'accordo incontra alcune posizioni di stallo tra i paesi rispetto ai prodotti da includere e ai processi di produzione che possono coinvolgere tali prodotti che potrebbero non rispettare procedure ambientali.

La Cina chiede liberalizzazione per biciclette
Le biciclette sono tra i beni che incutono più perplessità tra le parti: la Cina vorrebbe introdurle nella liberalizzazione e i paesi nordici sarebbero d'accordo, mentre stati come la Francia e l'Italia che sono tra i principali produttori manifatturieri delle due ruote, chiedono tariffe a protezione del proprio mercato o addirittura che vengano tenute fuori del tutto dal negoziato, secondo le informazioni raccolte da Politico Europe.

Il rischio che si vuole evitare è che paesi come la Cina che non ha delle normative severe sulle emissioni nocive possa produrre più velocemente un maggior numero di biciclette con procedure inquinanti rispetto ai paesi europei che sono sottoposti a misure più stringenti in particolare sulla produzione e verniciatura delle biciclette. A preoccupare è anche il problema della delocalizzazione, l'importazione di alcuni prodotti, come i filtri in ceramica dalla Cina, che sono sotto investigazione anti dumping. Profonde divisioni tra le parti esisterebbero anche sui prodotti del legno. In ogni caso i negoziatori si ripetono ottimisti e sperano di concludere l'accordo entro dicembre.

Gli accordi nel settore tessile
Di non poca rilevanza sono anche gli accordi commerciali nel settore tessile che impiega in Europa 1,6 milioni di persone e ha una importanza strategica anche per l'economia italiana : nel 2015, ha registrato 52,4 miliardi di produzione, 402.700 di posti di lavoro e un saldo della bilancia commerciale di più di 8,5 miliardi. È importante ribadire il ruolo del Parlamento Ue al di fuori della bolla Ue, dobbiamo evitare che coloro che vogliono chiudere le porte prevalgano, il settore tessile non può essere visto solo come il passato, si devono attrarre i giovani creativi per dare futuro e opportunità>> ha dichiarato Alessia Mosca durante un incontro a Bruxelles tra eurodeputati, la Confederazione europea del tessile (Euratex), rappresentanti della Commissione Europea e imprenditori del settore tessile.

Secondo Euratex gli accordi del TTIP e del CETA avrebbero effetti positivi per il tessile: gli USA sono il primo cliente in questo ambito. Euratex si presenta invece più critica sull'accordo con il Vietnam dove non si registrerebbe un mercato di esportazione ma piuttosto di importazione. Prioritari sarebbero il rinnovo della Convenzione PanEuroMed, la cui fase di stallo, bloccata da dieci anni, starebbe causando ingenti danni economici ai produttori europei. Si auspica un miglioramento della situazione con la Turchia, che ha un settore tessile rilevante e con la Cina dove le merci in esportazione continuano ad essere bloccate alle dogane, con rischi di corruzione per poter entrare nel paese.

La politica commerciale Ue è uno strumento di politica estera, che se utilizzata in maniera efficace, dovrebbe assicurare il rispetto dei diritti umani, la legalità, il rispetto dei diritti dei lavoratori nei paesi coinvolti nei partenariati, in particolare in quelli in via di sviluppo.

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