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Il Canada abbandona i negoziati con la Ue dopo il no della Vallonia

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STOP AL CETA

Il Canada abbandona i negoziati con la Ue dopo il no della Vallonia

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BRUXELLES - Con una scelta clamorosa, Ottawa ha annunciato ieri «il fallimento» delle trattative con la Vallonia nel tentativo di trovare una intesa che permettesse alla regione belga di dare il suo agognato benestare alla ratifica dell'accordo commerciale tra l'Unione europea e il Canada. Ultimo tentativo di pressione per strappare l'accordo vallone o chiusura definitiva del negoziato? Per certi versi, poco importa: la vicenda ha provocato danni immensi alla politica commerciale europea.

«È chiaro per me e per il Canada che l'Unione europea non è pronta oggi a siglare un accordo internazionale con un paese come il Canada che ha valori europei», ha detto a Namur con voce rotta dall'emozione Chrystia Freeland, la ministra del commercio canadese, che era giunta nella capitale della Vallonia per un ultimo tentativo di accordo con il governo della regione belga. Qualche ora prima, la stessa Vallonia aveva respinto ancora una volta l'intesa nota con l'acronimo inglese CETA (si veda Il Sole/24 Ore di oggi).

La signora Freeland ha parlato «della fine e del fallimento» del negoziato. La decisione giunge a meno di una settimana dalla data del 27 ottobre, quando il governo canadese e l'Unione europea dovranno (o avrebbero dovuto?) firmare l'entrata in vigore provvisoria del trattato che tra le altre cose cancella il 98% dei dazi commerciali. Il benestare vallone è necessario per permettere al governo belga di consentire insieme agli altri 27 partner europei la firma dell'accordo internazionale.

La scelta canadese è sorprendente. Poche ore prima, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker si era detto ottimista. “Sono fiducioso che troveremo un accordo con la Vallonia nei prossimi giorni”, aveva detto l'ex premier lussemburghese alla fine di un vertice europeo qui a Bruxelles. Con ironia, Juncker aveva poi aggiunto: “Nessuno protesta quando si firma con il Vietnam, che è una grande democrazia. Ma si protesta per firmare una intesa con la grande dittatura canadese…”.

Lo stesso Juncker aveva inviato giovedì sera una lettera al leader vallone pur di rassicurarlo sull'impatto che il CETA avrà sull'economia regionale. Sul tavolo del negoziato con Ottawa c'era una dichiarazione interpretativa, poi trasformata in strumento interpretativo, tutta dedicata a tranquilizzare i valloni e in particolare il ministro-presidente della Vallonia, il socialista Paul Magnette, che della vicenda ha fatto un cavallo di battaglia contro il governo di centro-destra belga.

Ieri mattina i rappresentanti della Vallonia hanno incontrato gli inviati canadesi per ricevere nuove assicurazioni. Le garanzie richieste per parte vallona riguardavano i prodotti agricoli, la corte di arbitrato per risolvere le controversie tra Stati e imprese, il potere delle multinazionali. Ottawa ha gettato la spugna. E' lecito chiedersi se la mossa canadese sia un bluff per strappare l'agognata intesa vallona o se il Canada, esausto dopo giorni di tira-e-molla, abbia veramente deciso di abbandonare la partita.

«La Commissione non considera che siamo giunti alla fine della trattativa», ha voluto precisare ieri sera un esponente comunitario. Dal canto suo, il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha assicurato il “massimo impegno per salvare l'accordo (…) messo a rischio non per il suo contenuto, ma a causa delle procedure interne all'Unione ed ai suoi Stati membri”. In effetti, quanti altri paesi se la sentiranno di negoziare con Bruxelles dopo che l'Europa ha mancato al suo impegno di ratificare il CETA?

In questo senso, la vice presidente di Confindustria Lisa Ferrarini ha reagito con preoccupazione: «Dispiace aver perso credibilità di fronte a un partner moderno ed avanzato e di importanza economica e commerciale strategica come il Canada, al quale abbiamo dimostrato la fragilità dei nostri processi decisionali». Ha poi aggiunto: «Il CETA offre la liberalizzazione degli appalti pubblici e un ottimo livello di tutela delle indicazioni geografiche, priorità italiane difficilmente perseguibili con altri paesi».

Proprio per rispondere alle paure di molti europei nel loro summit di ieri e di avant'ieri, i leader dei Ventotto hanno dichiarato in un comunicato di volere un accordo “urgente ed equilibrato” su una modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale dell'Unione, pur di contrastare “in modo efficiente e vigoroso” le pratiche commerciali sleali. Alla luce del caso CETA, l'invito dei Ventotto alla Commissione di continuare il negoziato commerciale con il Giappone e gli Stati Uniti appare quasi retorico.

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