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Iraq, l’Isis ferito colpisce Kirkuk, la città del petrolio

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LA CONTROFFENSIVA A KIRKUK

Iraq, l’Isis ferito colpisce Kirkuk, la città del petrolio

Ap
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Incalzata dalla grande operazione militare contro Mosul, la capitale irachena dello Stato Islamico, la leadership jihadista dell‘Isis ha lanciato da ieri notte una controffensiva contro la città di Kirkuk, 170 chilometri a sud di Mosul.
Perché l'attesa rappresaglia è stata lanciata proprio contro Kirkuk?
Un luogo più sensibile – e strategico - non potevano sceglierlo. Kirkuk è una città dall'importantissima valenza geopolitca. E lo era già prima della nascita dell'Isis.

Qui il petrolio è dappertutto, così in superficie che affiora anche nelle pozze intorno alla periferie della città. Qui si trova infatto uno dei più grandi giacimenti di tutto l'Iraq. Le fiamme eterne dei pozzi di Baba Gurgur, uno spettacolo che illumina le notti della città, ricordate anche da Marco Polo, sono un potenziale immenso

Kirkuk, la città contesa, un calderone multietnico dove convincono arabi sunniti, turcomanni, ma anche sparute minoranze di caldei . Ufficialmente è in territorio iracheno, I curdi vogliono annetterla al Kurdistan. E quando ne parlano la definiscono «la nostra Gerusalemme». , e premono da molti anni per un referendum sul suo stato che però non è mai venuto alla luce Arabi e turcomanni non ne vogliono sapere. I cristiani caldei e assiri preferiscono non rispondere. Forse perché sono troppo pochi.

Il suo destino è sempre stato un eterno argomento di scontro. Oggi la situazione è cambiata. Quando, nel giugno del 2014, l'esercito iracheno si squagliò come neve al sole davanti all'offensiva dell'Isis, fuggendo da Kirkuk, i peshmerga curdi inviarono rinforzi per salvare la città. Da allora Kirkuk è di fatto in mano ai curdi. Ed è improbabile e che la cedano. La sua annessione (anche con un referendum) e il suo petrolio, significano un'accelerazione verso la creazione di un Kurdistan indipendente. Baghdad non vuole sentirne parlare. Per rappresaglia ha assunto una serie di azioni contro i curdi. Ha rimosso dal budget nazionale la creazione di un'importante linea ferroviaria. Ed ha interrotto il finanziamento del budget del Kurdistan iracheno, già in rosso per 18 miliardi di dollari

L'attacco di ieri è stata una grave azione terroristica dall'altissimo valore simbolico. Era già impensabile prima ancora che prendesse il via che potesse avere successo. I peshmerga curdi disposti a proteggere Kirkuk sono in numero soverchiante. Ma l'Isis sa bene che se un giorni, ipotese del tutto remota, riuscisse a conquistare Kirkuk, sarebbe un'azione capace di sparigliare le carte nel grande gioco mediorientale. La rappresaglia di ieri dell'Isis indica poi che i jihadisti fedeli ad Abu Bakr la Baghdad possono contare su un numero imprecisato di cellule dormienti in molte delle città dell'Iraq centro settentrionale. Pronte ad attivarsi al primo ordine.

La dinamica dell'attacco indica che lo Stato islamico, ormai in gravi difficoltà, somiglia una bestia ferita, ma che può fare ancora molto male. E può soprattutto destabilizzare la regione ancora a lungo. L'assalto è stato portata avanti contemporaneamente, e in modo coordinato insieme ad un altro contro una centrale elettrica, poco più a nord verso Mosul. Le vittime sarebbe almeno 25(6 poliziotti e 16 civili. ) Armati di fucili e granate, usando auto e divise della polizia per sfuggire ai controlli decine di jihadisti sono entrati in città da diverse direzioni. Almeno 5 kamikaze hanno puntato agli edifici del governo, tra cui il quartier generale della polizia. I miliziani sono riusciti a prendere il controllo di alcuni quartieri della parte meridionale della citta', dove avrebbero preso in ostaggio numerosi civili, scontrandosi con le forze di sicurezza. “Forze di sicurezza, peshmerga e dell'antiterrorismo hanno ristabilito il completo controllo della situazione a Kirkuk”, ha assicurato il governatore della città, Najmeddin Karim.
Ma la Gerusalemme curda tornerà presto sotto i riflettori dei media di tutto il mondo. Sono in troppi a volerla. E nessuno a volerla cedere.

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