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Draghi difende il Qe dalle critiche

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Europa

Draghi difende il Qe dalle critiche

  • –Alessandro Merli

berlino

Nella seconda visita a Berlino in meno di un mese, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi ha ribattuto puntigliosamente alle critiche che vengono costantemente rivolte da parte tedesca alla sua politica monetaria, respingendo le accuse che questa danneggi i risparmiatori, accentui le disuguaglianze, distribuisca risorse dai Paesi più forti, come la Germania, a quelli più deboli, e disincentivi le riforme. E ha citato riforme che sono state fatte, come quelle del mercato del lavoro in Italia e Spagna, anche in presenza di tassi d’interesse bassi e sostenuto che altre, come quelle costituzionali, elettorali, della giustizia, sono indipendenti dalla politica monetaria.

Draghi, pur rivendicando il successo contro il rischio di deflazione, ha anche lanciato un nuovo segnale che, al consiglio di dicembre, è orientato a spingere per prolungare gli acquisti di titoli, il Qe, oltre la scadenza di marzo. Ha infatti ripetuto, in un discorso al centro studi Diw, ambiente meno ostile del Bundestag visitato a fine settembre, la formula utilizzata la settimana scorsa in conferenza stampa, secondo cui la Bce «resta impegnata a preservare il grado molto alto di stimolo monetario necessario ad assicurare una convergenza sostenuta dell’inflazione» verso l’obiettivo di avvicinarsi al 2 per cento. «I bassi tassi d’interesse – ha precisato Draghi – non sono la nuova normalità, ma ne usciremo solo una volta che avremo raggiunto l’obiettivo in modo sostenibile, cioè senza che ci sia bisogno dello straordinario sostegno in atto oggi».

La politica monetaria accomodante, ha detto affrontando una critica espressa anche dal primo ministro inglese Theresa May, riduce le disuguaglianze anzi tutto riducendo la disoccupazione. «Con l’impulso delle recenti misure – ha dichiarato, servendosi spesso di studi della Bundesbank – la politica monetaria sta funzionando come previsto: spingendo consumi e investimenti e creando posti di lavoro, il che è sempre progressivo dal punto di vista sociale».

Quanto all’effetto finanziario dei tassi bassi, si manifesta soprattutto attraverso il reddito netto sugli interessi. In grandi Paesi come la Spagna e la Germania, ha sostenuto Draghi, l’effetto è stato positivo e non ci sono segni che ci sia uno spostamento di risorse dai Paesi forti a quelli deboli. In Germania, il Governo e le imprese hanno goduto di forti guadagni, quanto alle famiglie (in Germania si lamenta un «sequestro dei risparmi» da parte della Bce), hanno subito solo una piccola perdita di interessi netti e, dalla metà del 2014, quando sono cominciate le misure straordinarie della Bce, hanno anzi realizzato un piccolo guadagno. C’è poi un effetto ricchezza, dovuto al rialzo dei mercati finanziari e dei prezzi delle case, che in Germania è stato meno pronunciato in quanto una percentuale bassa di tedeschi è proprietaria dell’abitazione, ma oltre metà delle famiglie ne ha goduto.

Il più colpito è stato il settore finanziario. «I tassi bassi non sono privi di costi», ha ammesso Draghi, ma ha ricordato che per ora il calo dei margini d’interesse è stato compensato da altri fattori, che alla lunga diminuiranno. Un riferimento che può far ritenere che la Bce non sia propensa a tagliare oltre i tassi (quello sui depositi delle banche presso la Bce è a -0,40%).

Bisogna quindi creare le condizioni per un ritorno dei tassi a più alti livelli, ha detto il presidente della Bce, facendo risalire la crescita verso il suo potenziale. E per questo la politica monetaria, ha ripetuto con un refrain abituale, non basta: ha bisogno di politiche fiscali e riforme strutturali. Anche se non ha citato esplicitamente il Governo tedesco, ha parlato della necessità di maggiori investimenti pubblici per aumentare la produttività, per esempio sull’istruzione, la digitalizzazione.

La politica monetaria della Bce, ha sostenuto Draghi, è servita anche a creare le condizioni per un ripresa a base più ampia e guidata dalla domanda interna, come i consumi. E la Germania ha beneficiato del fatto che la ripresa nei Paesi della periferia dell’Eurozona ha incrementato l’export tedesco all’interno dell’area della moneta unica mentre quelli verso il resto del mondo rallentavano.

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