Dal nostro corrispondente
Londra - Theresa May, ora campionessa della lotta contro l'immigrazione intraeuropea in Gran Bretagna, fino a pochi mesi fa era allarmata per le conseguenze economiche della Brexit. Tanto allarmata da dare la sensazione che fosse quest'ultima la priorità dinnanzi al bivio epocale posto dal referendum. Lo confermano le registrazioni di colloqui riservati che l'allora ministro degli interni ed esponente del fronte Remain, favorevole cioè alla continuazione della membership Ue, ebbe con i vertici di Goldman Sachs in London. “Credo che molta gente investa nel Regno Unito - sosteneva allora la signora premier - perché il nostro Paese è parte dell'Unione europea...Se non fossimo membri molte imprese probabilmente pianificherebbero trasferimenti in Europa...Il beneficio economico è evidente”.
Lo era e non lo è più ? Non esattamente. La contraddizione di Theresa May è evidente, ma la signora premier deve fare i conti con una realtà mutata: la Brexit non è un'ipotesi, ma una realtà in divenire. Come si svilupperà resta l'incognita maggiore. Il governo ha messo ripetutamente l'accento sul controllo delle frontiere e sul primato delle corti di giustizia britanniche versus quelle dell'Ue. Punti che vanno in rotta di collisione con la permanenza nel single market pre-condizione per garantire la presenza degli investitori che Theresa May immaginava potessero “fuggire”.
Ora che la Brexit - salvo improbabili colpi di scena - si farà il dibattito è quindi sull'exit o meno dal mercato interno che la signora premier non ha mai detto di voler abbandonare. Anzi non si stanca di tesserne le lodi. Resta da capire come pensa di conciliare quanto appare inconciliabile: l'adesione alla libera circolazione di beni e servizi, che Londra vuole, e l'opt out dalla circolazione dei lavoratori. Bruxelles ha alzato le barricate ricordando alla Gran Bretagna che le quattro libertà non si possono spacchettare. Il negoziato anglo-europeo comincerà a fine marzo, data entro la quale Londra dovrà attivare l'articolo 50 di recesso dall'Ue. Per quel giorno c'è da sperare che Downing street abbia le idee un po' meno confuse.
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