Il dibattimento è iniziato oggi, in un'aula blindatissima a Schipol, nei pressi di Amsterdam. Ma lui, Geert Wilders, il controverso leader della destra xenofoba olandese, non si è presentato al processo che lo vede imputato con l’accusa di istigazione all’odio razziale, a poco più di 4 mesi dalle elezioni politiche che vedono il suo Partito per la libertà (Pvv) tra i favoriti secondo i sondaggi. «E’ un processo politico, mi rifiuto di collaborare», aveva dichiarato e ha fatto ripetere in aula dal suo avvocato, aggiungendo che quindi affronterà il dibattito nella sede più appropriata, ossia il Parlamento. La legge peraltro gli permette di non presentarsi.
I fatti in questione risalgono a un comizio tenuto a L’Aja dal politico anti-Islam nel 2014, dopo le elezioni amministrative. Rivolgendosi ai sostenitori che lo ascoltavano, Wilders domandò se volessero «più o meno marocchini nella loro città e in Olanda» e, al grido della folla («Ne vogliamo di meno!»), rispose: «Ce ne occuperemo». Il processo è partito in seguito alle oltre 6mila denunce presentate da membri della comunità musulmana, ma Wilders continua a ribadire la sua linea di difesa (ripetuta peraltro anche in un’intervista concessa al Sole 24 Ore nel marzo 2015): non parlavo di tutti i marocchini, solo di quelli che commettono crimini, ed esprimevo un sentimento condiviso dagli olandesi. Già nel 2011, del resto, il leader del Pvv, fu sottoposto a processo per istigazione all’odio razziale e discriminazione, dopo la proiezione del documentario anti-Islam “Fitna”; quella volta fu assolto, con la motivazione che le sue accuse riguardavano l’Islam come religione e non i musulmani in quanto popolo.
“Wilders rischia fino a due anni o una multa, ma in ballo c’è soprattutto un giudizio politico sul leader e sul Pvv”
In caso di condanna, Wilders rischia una pena da uno a due anni o una multa fino a 20mila euro, pene che potrebbero tuttavia essere “ammorbidite” trattandosi di persona incensurata. Ma in ballo – questo non lo nega nessuno – c’è anche, se non soprattutto, un giudizio politico sul leader e sul suo partito, che gli ultimi sondaggi danno testa a testa con i conservatori liberali del primo ministro Mark Rutte: tra i 25 e i 29 seggi ciascuno in un Parlamento di 150. La crociata anti-Islam è del resto parte integrante del programma politico diffuso quest’estate dal Pvv, un manifesto che, insieme all’uscita dalla Ue, al primo punto prevede la “de-islamizzazione” dell’Olanda: stop alle richieste di asilo dai Paesi islamici, chiusura delle moschee, bando del Corano e del velo, espulsione di quanti siano in possesso di doppia cittadinanza (e molti in Olanda sono proprio marocchini) e commettano crimini.
Del significato politico del giudizio su di lui Wilders è ben consapevole: ecco perché ha definito il processo (che secondo alcuni analisti potrebbe pesare sul voto in caso di condanna) «una farsa». I giudici hanno respinto al mittente le accuse: i politici – hanno sottolineato – «hanno un’ampia libertà di espressione dovuta alla posizione che occupano ma, proprio per questo, ricoprono un ruolo importante per evitare di alimentare l’intolleranza». Tuttavia il leader del Pvv, obiettivo dichiarato del terrorismo islamico e sorvegliato 24 ore su 24, rilancia la sfida: «Milioni di olandesi vogliono meno marocchini». La sentenza è attesa a dicembre.
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