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Borse in altalena, tassi dei bond in aumento

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Europa

Borse in altalena, tassi dei bond in aumento

  • –Vito Lops

I mercati chiudono la settimana in un clima volatile, complici trimestrali «luci e ombra» e il rinnovato nervosismo sui bond globali, con tassi in forte risalita dappertutto. Su questo versante il market mover di giornata è stato senza dubbio il dato relativo al Pil degli Usa nel terzo trimestre, cresciuto del 2,9% su base annua, molto oltre le attese (+2,5%). E superiore anche rispetto al dato registrato nel trimestre precedente (+1,4%). L’espansione dell’economia statunitense ha fatto balzare al 75% le probabilità che la Federal Reserve alzi il costo del denaro nella riunione del 13-14 dicembre, alimentando così il clima di vendite sui titoli di Stato anche in Europa. Nonostante ciò l’euro si è rafforzato oltre quota 1,095 nei confronti del dollaro.

Il Pil Usa non ha però creato scossoni sui mercati azionari con Wall Street poco mossa e le Borse europee, più che altro orientate dalle trimestrali delle aziende quotate. Il listino francese ha chiuso in rialzo (+0,3%) beneficiando dei conti migliori delle stime di Bnp Paribas, Saint Gobaine e Sanofi. Anche Londra ha chiuso in leggero rialzo beneficiando della performance di British Airways (+6% dopo aver annunciato aumento del dividendo) e di International airlines group (+6%). Il listino di Francoforte (-0,2%) ha invece risentito negativamente dei dati sottotono delle società del settore farmaceutico Fresenius e Merck e di Munich Re e Allianz nel comparto assicurativo. Farmaceutici (-1,4%) e assicurativi (-0,7%) sono stati i due peggiori settori a livello europeo. Si segnala poi il crollo del numero uno mondiale dell'insulina, la danese Novo Nordisk (-15%), dopo aver dimezzato le stime di utili a lungo termine a causa delle pressioni sui prezzi negli Usa.

Quanto a Piazza Affari, nonostante il -0,59% di ieri il Ftse Mib ha terminato la settimana con un rialzo dello 0,8%. Si tratta della quarta settimana di fila in progresso per la Borsa italiana che si appresta a chiudere il mese di ottobre con un rialzo vicino al 6%. Il comparto bancario (grande protagonista del mese con un +15%) ieri ha sofferto, così come i titoli petroliferi. Male Eni (-1,7%) dopo la trimestrale deludente

Sul mercato dei titoli di Stato la settimana si è conclusa così come era iniziata. All’insegna di un’ondata di vendite, che hanno impattato anche sul costo di rifinanziamento a medio lungo termine del debito pubblico italiano. All’asta di BTp e CCteu del Tesoro in programma ieri c’è stata infatti una generale risalita dei rendimenti. Sui 2,5 miliardi di BTp decennali collocati il tasso, allineandosi ai livelli del mercato secondario, si è attestato all’1,60%. In aumento di 39 centesimi rispetto all’asta precedente. Anche sui 2,75 miliardi di titoli a cinque anni c’è stato un rialzo del costo della raccolta con un tasso salito di 29 centesimi fino allo 0,57%. Stesso copione infine per il CcTeu scadenza 2024: ne sono stati piazzati per 3,25 miliardi a un tasso dello 0,59% (26 punti base in più).

Il collocamento del debito a lunga scadenza da parte del Tesoro è avvenuto in un’altra giornata negativa per il segmento delle obbligazioni governative i cui rendimenti hanno registrato marcati rialzi. Il BTp a 10 anni ha chiuso all’1,65%, un livello che non vedeva dallo scorso febbraio, con spread sul Bund a 149 punti.

Il mercato ha trovato nuovi spunti per vendere bond governativi in scia alla ripresa dell’inflazione nella prima economia dell’Eurozona: la Germania. La stima preliminare sull’andamento dei prezzi al consumo, comunicata ieri, è risultata infatti superiore alle aspettative dato che a ottobre si è registrato un aumento dei prezzi al consumo rispetto a settembre dello 0,2%. Più dello 0,1% atteso. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso la variazione comunicata da Destatis (l’Istat tedesca) poi la crescita è stata dello 0,7%. Il dato, oltre ad essere superiore alle attese (gli analisti avevano messo in conto una crescita dei prezzi dello 0,6%) è anche la miglior rilevazione da due anni a questa parte.

La statistica è stata pubblicata alle ore 14 ma il mercato si era già mosso in anticipo. Il dato nazionale è stato infatti preceduto dalle statistiche, pubblicate all’apertura dei mercati, relative a cinque Länder tedeschi (Sassonia, Bavaria, Brandenburgo, Baden Württemberg ed Assia) che in qualche modo avevano anticipato il dato uscito successivamente. In particolare il dato della Sassonia dato che in passato l’andamento dei prezzi in questa regione è andato in parallelo con quello nazionale. Qui l’incremento dell’inflazione ad ottobre è stato dello 0,3% rispetto al mese precedente (a settembre la crescita è stata dello 0,1%) e dello 0,9% a livello annualizzato.

I mercati hanno registrato un altro segnale di ripartenza dei prezzi anche in Spagna, dove a ottobre l’inflazione è salita allo 0,5%. In crescita rispetto a settembre quando il dato era rimasto invariato e oltre le attese degli analisti che avevano messo in conto una crescita dei prezzi dello 0,3%. Nessun segnale di ripresa dell’inflazione invece in Francia, dove l’indice dei prezzi al consumo in ottobre è salito allo 0,4% su base annua, come in settembre.

Difficile capire quanto questi numeri siano indicativi di una reale ripresa dell’inflazione nell’area euro. L’impressione generale è che dietro questi dati ci sia più il contributo del fattore energia (prezzi in ripresa per via della risalita del petrolio). Un’inflazione importata quindi e non un’inflazione «buona» frutto ad esempio di un aumento dei salari. Sta di fatto che il pretesto è buono per stornare un mercato obbligazionario questo sì fortemente inflazionato dagli stimoli monetari generosamente offerti dalla Banca centrale europea. Quest’ultima, ha fatto sapere in questi giorni il governatore Mario Draghi, non sembra peraltro intenzionata a mettere in soffitta il Quantitative easing. Ma il mercato, a torto o a ragione, sta iniziando a prepararsi a uno scenario post-Qe. O forse sta semplicemente cogliendo l’occasione, in vista della chiusura dei bilanci di fine anno, di monetizzare un rally (quello delle obbligazioni governative) che va avanti da molto tempo.

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