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Perché l’America non è ancora locomotiva

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L'Editoriale|L’analisi

Perché l’America non è ancora locomotiva

Il “mandato duale” – massima occupazione e prezzi stabili – della Banca centrale americana è prossimo a essere raggiunto. Il tasso di disoccupazione è vicino ai minimi storici, e l’inflazione di fondo non è lontana da quel 2% che rappresenta ormai il “Sacro calice” delle Banche centrali. Per quel che riguarda la politica economica, gli Usa non meritano la cattiva battuta di Winston Churchill – «si può esser sicuri che gli americani facciano la cosa giusta una volta che abbiano esaurito tutte le alternative» – l’America ha fatto le cose giuste fin dall’inizio della crisi, forse per farsi perdonare di aver causato la Grande recessione con la finanza impazzita dei mutui subprime. Ha messo subito all’opera grosse misure di supporto – col bilancio e con la moneta – e non ha avuto paura di mantenere i deficit anche quando sembrava non ce ne fosse più bisogno, evitando così l’errore del 1937, quando il bilancio volse prematuramente verso la restrizione.

Perché, allora, c’è tanto malcontento negli Usa, tanto da aver creato la rabbrividente prospettiva di una presidenza Trump? La ragione sta nella maldistribuzione dei frutti della crescita. Anche se bisogna dire che questo malcontento non è nuovo, e riaffiora periodicamente: Charles Dickens scriveva nell’Ottocento che, a credere ai suoi cittadini, «l’America è sempre depressa, sempre ristagna, sempre è in una crisi allarmante, e mai fu diversa».

L’accelerazione del tasso di crescita Usa (i dati di ieri) fa presagire un ritorno del ruolo di locomotiva da sempre assegnato all’economia americana? No, e non solo perché la domanda interna – è lì che si vede la locomotiva – è cresciuta meno del Pil. Il fatto è che il mondo è ormai multipolare, e la più grande economia del mondo è ormai la Cina. Non solo: l’Unione europea, con o senza la perfida Albione, ha un mercato interno che rivaleggia con quello Usa. Il mondo ha bisogno di tutti e tre i poli. Fortunatamente, c’è qualche indizio – aumento dei prezzi in Germania, indici di fiducia che risalgono nell’Eurozona – che anche nel Vecchio continente, con un ritardo di cui sono responsabili le ossessioni teutoniche e la mancanza di un “mandato duale” per la Bce, qualcosa si muove. Se son rose...

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