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Assalto al Califfato, l’esercito iracheno entra a Mosul

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isis alle corde in iraq

Assalto al Califfato, l’esercito iracheno entra a Mosul

Funerale di soldati a Mosul
Funerale di soldati a Mosul

Sconfiggere il califfo nella sua roccaforte irachena: è questo il significato della cruciale battaglia di Mosul, principale città a Nord dell’Iraq da due anni sotto il controllo dell’Isis. L'esercito iracheno ha annunciato il suo ingresso a Mosul per la prima volta dal luglio 2014, quando la seconda città del Paese cadde nelle mani degli uomini di al Baghdadi, che subito dopo proclamò il sedicente califfato. L'esercito iracheno è entrato nelle aree «sulla riva sinistra» del fiume Tigri, che divide in due la città, ha annunciato il Comando delle operazioni congiunte.

Per riva sinistra intende il lato orientale della città: in particolare i soldati iracheni sono entrati a Judaidat Al-Mufti, area sud-orientale. Poco prima l'esercito iracheno aveva ripreso il controllo dell'edificio che ospita la tv ufficiale di Mosul, ai confini del quartiere di Kukyeli, porta di ingresso a est nella città.

Nelle ore succesive i miliziani jihadisti «hanno arretrato la propria ridotta difensiva, attestandosi nel cuore di Mosul», hanno riferito gli attivisti anti-Isis dalla città, secondo i quali le Forze speciali di Baghdad sono penetrate per «5 chilometri» all'interno di Mosul. «Il quartiere di Kharama è deserto, la popolazione aspetta l'arrivo dei liberatori». Dall'inizio dell'offensiva, 16 giorni fa, i cacciabombardieri della Coalizione «hanno sganciato 3.000 bombe sulla città», ha riferito il portavoce, Colonnello John C. Dorian.

Chi combatte contro il califfo
Forze governative irachene, milizie curde Peshmerga, miliziani sunniti filo-turchi e miliziani sciiti filo-iraniani. Sono diverse, e con aspirazioni in certi casi contrastanti, le forze che partecipano all'offensiva. Una situazione che, se non dovesse essere gestita con attenzione e prudenza, potrebbe dare luogo a tensioni e anche a conflitti, coinvolgendo potenze regionali.

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I civili in pericolo
L'inviato delle Nazioni Unite in Iraq, Jan Kubis, ha avvertito che i civili a Mosul e nelle zone circostanti «sono ancora in grave pericolo» a causa delle operazioni militari in corso e delle tattiche dell'Isis che li usa come scudi umani. L’Isis ha cercato di trasferire lunedì 25mila civili da un sobborgo a sud di Mosul fino al centro della città. Ma la maggioranza dei veicoli non sono riusciti ad arrivare a destinazione perché gli aerei della coalizione militare che appoggia l'Iraq pattugliavano la zona e li hanno obbligati a tornare alla zona di Hamman al-Ali, da dove erano partiti.

Secondo lo Statuto di Roma, sul quale è stata creata la Corte Penale internazionale, il sequestro di persone in un conflitto armato è un crimine di guerra; e lo è anche costringere civili a spostarsi per ragioni non legate alla loro sicurezza o a imperativi militari. L'obiettivo degli estremisti è ovviamente quello di assicurarsi che le zone dove operano siano fortemente popolate per scoraggiare eventuali operazioni militari.

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