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Contro corruzione e sommerso l’India rottama le banconote da 500 e…

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BANCHE NEL CAOS

Contro corruzione e sommerso l’India rottama le banconote da 500 e 1.000 rupie

Indiani in fila davanti a una filiale della Bank of India di Mumbai
Indiani in fila davanti a una filiale della Bank of India di Mumbai

Lunghe file agli sportelli sotto gli occhi dei poliziotti chiamati a vigilare per evitare guai. La mossa a sorpresa del premier indiano Narendra Modi, di rottamare da un giorno all’altro le banconote da 500 e 1.000 rupie, ha gettato nel caos una nazione in cui il 78% dei pagamenti avviene in contante.

Martedì sera, in un discorso televisivo trasmesso in contemporanea dalle principali reti indiane, Modi ha annunciato che di lì a qualche ora, e cioè dalla mezzanotte del giorno stesso, non avrebbero più avuto valore i biglietti di più ampio taglio in India, quelli appunto da 500 e 1.000 rupie (rispettivamente 6,8 e 13,6 euro). Un’operazione di demonetizzazione con pochi precedenti, che coinvolge 22 miliardi di banconote ovvero l’86% del valore di tutte quelle in circolazione: 214 miliardi di dollari, il 14% del Pil del Paese. Al fine di prepararsi all’operazione, le banche sono rimaste chiuse il giorno successivo all’annuncio, per trovarsi decine e decine di persone in fila agli sportelli giovedì mattina. La corsa è dettata anche dal poco tempo a disposizione: il termine per cambiare il denaro fuori corso scadrà il 31 dicembre. I cittadini possono cambiare al massimo 4mila rupie alla volta e ritirarne 10mila, con un tetto di 20mila rupie alla settimana. Nelle prossime settimane entreranno in circolazione nuovi tagli da 500 e 2mila rupie.

L’annuncio ha colto di sorpresa gli stessi ambienti governativi e le banche. «È stato come guardare cadere un bomba», ha affermato Rajnish Kumar, che si occupa di far funzionare la rete delle 16.700 filiali e dei 55mila bancomat della State Bank of India.

Nel suo discorso, il premier ha spiegato che la decisione serve a portare alla luce l’enorme economia sommersa indiana (che secondo alcune stime vale la metà di quella ufficiale), a togliere dalla circolazione la miriade di banconote contraffatte, a colpire il sistema di finanziamento delle organizzazioni integraliste islamiche e a mettere un freno alla corruzione e alle bustarelle. «Il denaro nero e la corruzione - ha affermato Modi - sono i principali ostacoli nella lotta alla povertà». Il Governo ha un grande bisogno di rendere più efficace la raccolta fiscale, oggi a livelli bassissimi, per finanziare gli ambiziosi progetti di modernizzazione del Paese. Secondo Global financial integrity, un think-tank di Washington, tra il 2002 e il 2011, l’India ha visto sparire 344 miliardi di dollari di fondi esportati illegalmente all’estero.

La mossa di martedì arriva dopo un’amnistia fiscale che ha portato alla luce 10 miliardi di dollari non dichiarati e a un anno dal lancio di un programma governativo finalizzato a diffondere in modo capillare la presenza delle banche nelle zone rurali del Paese, dove vivono due terzi della popolazione, con l’apertura di oltre 254 milioni di conti correnti. Un costo vivo per gli istituti di credito, dato che sulla gran parte di quei conti non sono stati depositati soldi.

La più grande operazione anti-corruzione da decenni, come è stata definita dai media indiani, mette però in grande difficoltà, oltre a centinaia di milioni di persone, anche le piccole imprese, che rappresentano il 40% dell’economia indiana e la stragrande maggioranza dell’occupazione. Queste attività, legittime, fanno quasi esclusivo ricorso a transazioni in contante e molte potrebbero addirittura rischiare di fallire, con effetti negativi sulla crescita economica del Paese. I mercati dei prodotti agricoli sono già nel caos: i commercianti hanno più di un motivo per non accettare le banconote da rottamare, ma i consumatori sono a corto di contante. Il risultato è che i prezzi dei prodotti deperibili sono già crollati. Su queste criticità fa leva il principale partito di opposizione, il Congresso: «I veri responsabili del sommerso hanno messo al sicuro denaro all’estero, nei paradisi fiscali», ha dichiarato un portavoce del Partito.

Andrà malissimo a chi ha forti somme di denaro in nero: presentarsi in banca per cambiarle significherebbe autodenunciarsi alle autorità. «L’abolizione delle bancone da 500 e mille rupie - spiega Sujan Hajra, di Anand Rathi Securities a Mumbai - creerà problemi, perché tutti le usano, ma dato l’ammontare di denaro falso in giro è una misura molto giusta».

Possono invece esultare le aziende che si sono lanciate nel nascente business dei pagamenti elettronici. «Il Governo sta cercando di rendere meno conveniente l’utilizzo del contante e più ci riesce più giro d’affari ci sarà per noi», afferma Vinay Kalantri, fondatore di una società del settore. Come pure possono esultare gli importatori autorizzati di oro, nel secondo mercato mondiale del metallo giallo. Il contrabbando sarà infatti molto più difficile, togliendo spazio al mercato nero.

A spiegare la mossa ci sono poi anche motivazioni politiche. Modi ha stravinto le elezioni del 2014 proprio facendo leva su un programma centrato sulla lotta alla corruzione. La sensazione diffusa, tuttavia, è che su questo fronte non si sia fatto abbastanza, come spiega Harsh Pant, del King’s College di Londra. A pochi mesi da un importante appuntamento elettorale in Uttar Pradesh, il più pop0loso Stato indiano, Modi «aveva probabilmente bisogno di fare qualcosa di più visibile», aggiunge Pant. Analisti come Milan Vaishnav, del Canergie endowment for international peace di Washington, e Satish Misra, della Observer research foundation di New Delhi, fanno però anche notare che lo stop delle banconote complicherà la raccolta fondi dei partiti regionali, molto forti nei singoli Stati. I grandi partiti, il Bjp del premier Modi e il Congresso della famiglia Gandhi, ne risentiranno molto meno.

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