
Nell’analisi del “miracolo Trump”, ovvero come conquistare la Casa Bianca con meno della metà del budget dell’avversario (307 milioni di dollari contro i 687 milioni dell’ex first lady Hillary), il fattore linguistico è stata una delle carte determinanti. Come ha fatto Donald a trascinare l’America profonda a votare per lui? Solo per le sue guasconate, o anche grazie al modo con cui le ha comunicate in modo semplice e chiaro ai potenziali elettori?
Un’interessante analisi redatta dal Language Technologies Institute della Carnegie Mellon University getta un fascio di luce su “The Donald” anche sotto il profilo linguistico. I ricercatori americani hanno scoperto che Trump riusciva a comunicare in modo comprensibile anche a un bambino delle elementari, mentre Hillary risultava più sofisticata. Più in dettaglio, l’analisi dei ricercatori americani divide due facce dell’eloquio presidenziale: sintassi e vocabolario.
La sintassi di Trump è comprensibile a un bambino dell’ultimo anno delle elementari (negli Stati Uniti è il 6th grade), mentre riguardo al vocabolario basta essere tra la seconda e la terza media e i messaggi di Trump risultano di una chiarezza cristallina.
Da Lincoln a Reagan, dai due Bush (padre e figlio) ai due Clinton (marito e moglie), l’analisi della Carnegie Mellon University estende il suo raggio anche ai presidenti del passato, oltre che ai candidati delle ultime primarie. Il risultato è che Trump ha fatto più di ogni altro uno sforzo enorme nella semplificazione estrema del vocabolario. Mentre a livello di sintassi è stato superato in chiarezza solo da George W Bush, che secondo i ricercatori della Carnegie Mellon parlava in modo comprensibile a un bambino di quarta elementare.
E Hillary? E' risultata decisamente più sofisticata di Donald: la sintassi dell’ex first lady è comprensibile solo a un ragazzo delle medie, e persino il marito Billl aveva saputo parlare in modo più semplice. I due candidati di queste presidenziali sono peraltro stati in grado di adattare il loro eloquio a tipi di platee molto diversi. Ma in media Trump ha saputo calibrare i suoi messaggi in modo assai più semplice sia come terminologia che costruzione della frase.
Ma le sorprese non finiscono qui. Ronald Reagan, che spesso viene accostato a “The Donald”, dal punto di vista linguistico era al contrario molto ricercato. Il vocabolario dell’ex attore di Hollywood risultava comprensibile solo a ragazzi che si preparano per l’esame di maturità. Un livello di complessità che nemmeno Abraham Lincoln riusciva a toccare.
Se dal vocabolario passiamo alla sintassi, ecco tuttavia che Lincoln risulta il più raffinato degli ex presidenti degli Stati Uniti, seguito da Reagan, e poi da Bill Clinton e Obama quasi appaiati. Altra curiosità: il primo inquilino di colore della Casa Bianca aveva un vocabolario molto più ricercato di quanto si creda, secondo solo a quello di Reagan e - sorpresa - appaiato a quello di Bush figlio. George “W” sfoggiava infatti un discreto vocabolario ma, come ricordato, risultava estremamente “basic” dal punto di vista sintattico, ancor più di “The Donald”.
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