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Valute in altalena: il dollaro cade, poi si riprende

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Valute in altalena: il dollaro cade, poi si riprende

  • –Vito Lops

La previsione iniziale era questa: se Trump vince probabilmente rimanderà il rialzo dei tassi di interesse e questo comporterà una svalutazione del dollaro. In effetti, dalle 3 alle 6 di ieri mattina, quando via via prendeva corpo durante lo spoglio dei voti la vittoria a sorpresa del tycoon newyorkese alle presidenziali Usa, così si sono comportati i mercati. L’euro si è rivalutato nei confronti del biglietto verde da 1,10 a 1,13, ovvero del 2,7%. Un’enormità se consideriamo che il mercato delle valute è il più liquido al mondo e che il cambio euro/dollaro è il più scambiato e liquido di tutti. Motivo per cui gli operatori utilizzano la leva finanziaria per operarvi, visto che di per sè questo cross ci ha abituato ad oscillazioni quotidiane molto contenute.

La storia è però cambiata dopo le ore 8 quando il cambio ha intrapreso un cammino discendente pressoché costante che lo ha poi portato in serata a toccare un minimo di giornata a 1,0943, andando a chiudere la giornata a -0,76% con un parziale di -3,15%. Il recupero del dollaro ha fatto seguito allo spostamento di umore generalizzato degli investitori anche sulle Borse e non ha interessato solo il cambio con l’euro. Lo yen in mattinata ha chiuso in rialzo del 2,2% sul dollaro (contribuendo al -5% della Borsa di Tokyo) ma poi a fine serata il biglietto verde ha recuperato il terreno perso anche sulla divisa giapponese passando da 101 a 106 (circa il 5% intraday). Oscillazioni straordinarie per mercati liquidi come il Forex.

Eclatante poi lo scatto nei confronti del peso messicano, che ha perso l’8% soffrendo più di tutti la vittoria di Trump con le sue promesse in campagna elettorale in merito alla costruzione di un muro tra Usa e Messico. Se così sarà è probabile che le esportazioni messicane verso gli Usa caleranno e con esse il valore della valuta locale.

In linea generale il dollaro ha guadagnato su scala globale lo 0,44%, tenendo fede al movimento del dollar index, un parametro che media l’andamento della valuta statunitense con un paniere ponderato di valute internazionali. In ogni caso, possiamo trarre una prima conclusione su quello che è successo ieri: a caldo i mercati hanno venduto dollari ma dopo poche ore gli investitori hanno ricomprato il biglietto verde. Come mai? Inizialmente gli investitori hanno pensato che Trump rimandasse il piano di strette monetarie che la Fed ha in programma a partire dal prossimo 14 dicembre. Dopo tre ore però questa convinzione ha perso slancio. Tanto che le probabilità di un rialzo dei tassi a dicembre - pur essendo un po’ diminuite rispetto alla vigiglia - restano alte (74% secondo Bloomberg). Un’altra spiegazione a favore del dollaro potrebbe risiedere nella politica espansiva di deficit promessa da Trump. Se questa andrà effettivamente a favorire il ceto medio-basso l’inflazione è destinata ad aumentare. A ruota i tassi dei titoli di Stato salirebbero (andando appunto a scontare uno scenario di maggiore inflazione). Tassi più alti attirerebbero nuovi investitori stranieri a comprare bond statunitensi. E per comprarli ci vogliono dollari. Altro motivo per cui non è detto che con Trump il dollaro sia destinato inesorabilmente a svalutarsi.

.@vitolops

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