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Trump e il beneficio del dubbio

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L'Analisi|L’ANALISI

Trump e il beneficio del dubbio

NEW YORK – Su un punto ci si trova tutti d'accordo, il voto dell'8 novembre per la Casa Bianca del 2016 è stato una rivoluzione dell'ordine politico conosciuto. Si aprono ora due strade, quella di una risposta conflittuale, in piazza o in Parlamento, o quella della cooperazione per gestire una fase storica nuova. Cosa che ci porta al secondo punto: Trump merita il beneficio del dubbio.

Lo hanno capito Barack Obama, Hillary Clinton, persino Bernie Sanders. Non l'ha capito il Presidente dell'Unione Europea Jean Claude Juncker che ha dimostrato ieri di confondere la retorica elettorale usata da Trump con le scelte e la strategia politica di una nuova amministrazione non ancora formata. Attaccare briga su Nato, Siria, Russia, oggi, prima ancora che Trump si sia insediato è un errore. Anche perché proprio in queste ore Trump sta “cambiando” dimostra pragmatismo e va dunque incoraggiato piuttosto che attaccato.

Il Presidente eletto ha fatto di tutto per muoversi al centro, per ricucire con Hillary Clinton e Barack Obama. Ieri si è persino morso la lingua: dopo aver rispolverato la sua retorica elettorale attaccando i media per le dimostrazioni anche violente per strada contro di lui (non sei il nostro Presidente) ha virato da 180 gradi: “ammiro la passione dei dimostranti per la loro patria, lavoreremo insieme”. Solo chi conosce a fondo Trump sa quanto gli deve essere costato fare un passo di questo genere. Il suo intuito è sempre stato quello di reagire duramente contro chi l'attaccava.

Per ora Trump è cambiato, cerca l'abbraccio al centro, sacrifica, come ha fatto ieri con il capo della transizione Chris Christie, i suoi amici più fedeli. Ha già capito che la dignità e la responsabilità della presidenza lo costringono a guardare ben oltre il suo “cerchio magico”. Ma deve essere aiutato.

La rivoluzione politica che ha innescato Trump poggia su una base elettorale che condivideva alcune delle sue peggiori uscite nella retorica presidenziale, quelle a favore del razzismo, della discriminazione religiosa, del sessismo, della chiusura invece dell'apertura. Trump per ora ha solo virato al centro in termini generici. Ma le sue parole gentili nei confronti di Hillary, di ammirazione nei confronti di Obama non sono piaciute. Il primo avvertimento è già arrivato da David Duke, ex capo del Ku Klux Klan: “Il nostro contributo alla vittoria di Trump e' stato ENORME…” ha detto ieri mattina. Come dire, ti attendiamo al varco per capire fino a che punto farai marcia indietro. E' un esempio della polarizzazione estrema in cui si trova l'America. Cosa che giustifica le paure di un bambino di dieci anni che ieri a scuola diceva alla maestra che i suoi gentiori sarebbero stati deportati. O i timori delle comunità afroamericane per possibili rigurgiti razzisti, di quelle ebraiche per il timore che l'antisemitismo possa trovare una sua legittimazione, o delle comunità gay e lesbiche che temono un passo indietro dopo importanti conquiste per i loro diritti o per le donne che hanno paura di una Corte Suprema che possa abolire il diritto alla scelta di abortire.

Tutto questo è oggi ribolle nel calderone Americano. Ma lo sforzo immane che stanno compiendo I Trump gli Obama e persino i Sanders (pronto a lavorare con Trump su infrastrutture e altro) è quello di gettare acqua sul fuoco, non di attizzarlo. E' quello di verificare se sarà possibile dopo anni di muro contro muro uno schieramento bipartisan con il “pragmatic” Trump. Ieri, nella sua prima intervista, al Wall Street Journal, il Presidente eletto ha detto “Ora è diverso, ho vinto, le elezioni sono finite. Vorrei una nazione in cui ci si ama gli uni con gli altri. Ci tengo a sottolinearlo”. Vuole “creare posti di lavoro” e dice che alcune parti dell'Obamacare potranno essere salvate. Obama in cambio ha rinunciato al TPP: Trump ha vinto, i repubblicani hanno vinto, ha preso atto della volontà del popolo Americano e non manderà il progetto in Parlamento. Ci si ascolta insomma. Cosa che a Washington non succedeva spesso. Per questo il beneficio del dubbio è importante, anche da parte di un'Europa che ha molto poco da insegnare.

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