Si vota a metà gennaio ma ufficialmente non ci sono ancora candidati alla presidenza del Parlamento europeo. Gli interessati stanno scaldando i motori in attesa di un cenno da parte di Martin Schulz, il socialista tedesco che conclude il suo secondo mandato e – secondo gli accordi – dovrebbe lasciare l’incarico per fare spazio ad un esponente dei Popolari europei. Schulz però ci ha preso gusto e non nasconde la volontà di correre per un terzo incarico, senza precedenti nella storia dell’Europarlamento. Lo stesso Schulz, però, è indicato in patria quale possibile candidato di peso del suo partito, l’Spd, per la Cancelleria, in competizione proprio con Angela Merkel che si candiderà allapolitiche di settembre per un quarto mandato, come ha annunciato ieri il vicepresidente federale della Cdu, Norbert Roettgen. Un primo tassello in questo puzzle si è mosso ieri, quando il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, oggi ministro degli esteri, è stato indicato quale candidato dell’Spd per la presidenza della Repubblica che si decide a inizio 2017. I socialdemocratici, in ombra nel governo di coalizione con la Cdu di Angela Merkel e Wolfgang Schauble, potrebbero puntare sull’ex libraio al quale viene riconosciuto un ottimo lavoro ai vertici dell’Europarlamento, senza dubbio la più debole tra le istituzioni Ue, che«con lui ha conquistato dignità e autorevolezza» ed è diventato «più partecipe dei processi decisionali». I critici lo accusano di essere «la rappresentazione plastica della grande coalizione, con una spiccata tendenza alla nazionalizzazione del Parlamento dove la prevalenza degli interessi tedeschi è troppo evidente».
Se Schulz decidesse di correre per il posto della Merkel, in Europa i giochi si riaprirebbero, il patto per l’alternanza Pse-Ppe tornerebbe d’attualità e Antonio Tajani, eletto tra le file dei Popolari per Forza Italia, sarebbe tra i candidati. Con quali chance è tutto da verificare, nonostante il ricco pacchetto di voti ottenuti alle urne (quasi 110mila preferenze) e nel voto parlamentare (con 453 voti è il primo dei vicepresidenti). Il primo problema per Tajani, però, paradossalmente è proprio l’appartenenza alla grande famiglia Ppe. Se anche al vertice del Parlamento andasse un popolare, i socialisti resterebbero fuori dalle poltrone che contano: la Commissione è a guida Popolare (Juncker) e il Consiglio è affidato ad un liberal-democratico, il polacco Donald Tusk. Un rimpasto ai vertici della Commissione non è istituzionalmente previsto e, anche se l’ipotesi non è del tutto campata per aria, rebus sic stantibus la sostituzione di Juncker non appare imminente. Tuttavia, se ciò accadesse, il suo posto potrebbe andare al socialista olandese Frans Timmermans e la strada per un esponente del Ppe ai vertici del Parlamento sarebbe spianata. Ma è uno scenario per ora improbabile, per il quale serve un accordo politico «a livello più alto, tra i capi di di Governo» a cominciare proprio dalla Merkel che però preferisce tenere Schulz a Bruxelles piuttosto che averlo come concorrente in patria.
Se i giochi si aprissero, Tajani avrebbe l’appoggio degli eurodeputati del Pd che sono uno dei gruppi più numerosi nell’emiciclo europeo. «Al di là delle posizioni politiche – afferma un esponente autorevole del Pd a Bruxelles - di Tajani è stato apprezzato l’impegno come commissario. Ha conquistato una credibilità personale che prescinde dall’appartenenza a Forza Italia». Tuttavia Tajani potrebbe trovarsi anche di fronte alla pesante obiezione che altri due importanti incarichi europei sono già affidati ad altrettanti italiani: la presidenza della Bce a Mario Draghi e l’Alta rappresentanza per la politica estera e la difesa a Federica Mogherini.
Va detto che l’obiezione della nazionalità vale anche per Schulz. Oltre a lui, sono tedeschi il segretario generale del Parlamento (Klaus Welle) e il suo vice (Markus Winkler). Tedesco è anche Martin Selmayr, capo di gabinetto del presidente della Commissione europea Juncker e considerato il vero dominus dell’esecutivo comunitario. Inoltre, con l’attribuzione al tedesco Gunter Oettinger (Cdu-Ppe) del portafoglio Bilancio e Risorse umane lasciato dalla bulgara Kristalina Georgieva che va alla Banca Mondiale, diventa tedesca tutta la catena di comando sul bilancio Ue. E si mormora che Juncker potrebbe usare il via libera del Ppe al terzo mandato di Schulz come moneta di scambio per evitare sorprese in Parlamento sulla nomina di Oettinger.
Un riequilibrio sotto il profilo delle nazionalità, dunque, sarebbe più che auspicabile, ma non è detto che ne benefici Tajani. Tra i popolari si fanno anche altri nomi: il francese Alain Lamassoure, lo sloveno Alojz Peterle e l’irlandese Mairead McGuinness. Si cercherà un punto di equilibrio considerando anche l’elezione dei 14 vicepresidenti e di più di 25 presidenti di commissione.
Oggi è prevista la conferma del tedesco Manfred Weber alla guida del Ppe mentre i socialisti, per i quali è data per scontata la conferma di Gianni Pittella, votano il 7 dicembre. Il 15 dicembre i gruppi indicheranno i propri candidati alla presidenza: sciolta l’incognita Schulz, i giochi dovrebbero essere sostanzialmente fatti.
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