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Valls: Marine Le Pen può vincere

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Valls: Marine Le Pen può vincere

  • –Marco Moussanet

parigi

«Sì, è possibile che Marine Le Pen vinca le presidenziali dell’anno prossimo». Rispondendo così a una domanda sull’appuntamento elettorale che farà della Francia il primo grande Paese europeo ad andare alle urne in uno scenario internazionale caratterizzato dal doppio shock della Brexit e del successo di Donald Trump, il premier Manuel Valls, a Berlino per un forum economico, ha deciso di drammatizzare la situazione. E, indirettamente, cercato di rafforzare l’idea che sia lui l’unico esponente della sinistra a poter sbarrare la strada all’estrema destra. A maggior ragione dopo le polemiche sul libro in cui due giornalisti di Le Monde hanno raccolto le confidenze del presidente (che l’opposizione accusa persino di alto tradimento per aver rivelato segreti di Stato).

Un’ipotesi, quella di Valls, sul tavolo da settimane e che viene ormai apertamente evocata anche da alcune figure di primo piano del Governo, storicamente molto vicine a François Hollande, come i ministri dell’Economia Michel Sapin e della Difesa Jean-Yves Le Drian. Mentre cresce la pressione nei confronti del presidente perché faccia un passo indietro e apra la strada a Valls.

Hollande tentenna. Continua a pensare di potercela fare, di poter invertire la tendenza, di poter creare la sorpresa. Nonostante i sondaggi gli assegnino un misero 9-10% al primo turno delle presidenziali (il 23 aprile, con ballottaggio il 7 maggio). Nonostante gli ultimi dati sulla disoccupazione (in risalita al 10% nel terzo trimestre) facciano dubitare di una reale inversione di tendenza alla quale ha da sempre subordinato la candidatura alla propria successione. E nonostante corra il rischio di una storica umiliazione facendosi battere alle primarie dei socialisti (22 e 27 gennaio). Dall’ex ministro Arnaud Montebourg. O magari proprio da Valls, che alla fine potrebbe rompere gli indugi (ha più volte dichiarato che se Hollande decide di presentarsi lui non lo farà) e candidarsi ugualmente.

Ma anche per il premier – che alle primarie socialiste del 2011 arrivò quinto e ultimo, con appena il 5,6% dei consensi - la strada sarebbe comunque tutta in salita. Avrebbe molta difficoltà a separare la propria immagine da quella del presidente che due anni fa gli ha affidato la guida del Governo. Ed è odiato dalla sinistra del partito. Che potrebbe appunto preferirgli Montebourg. O addirittura Jean-Luc Mélenchon, il leader della sinistra radicale. Senza trascurare il fatto che i sondaggi sono disastrosi anche per lui: tra il 12 e il 14 per cento.

I dubbi saranno comunque sciolti tra meno di un mese, visto che la scadenza per la presentazione delle candidature alle primarie del Ps è il 15 dicembre. E forse anche prima.

In attesa che lo psicodramma socialista abbia un epilogo, l’attenzione è tutta rivolta all’appuntamento, domenica, con il primo turno delle primarie del centro-destra. Dalle quali, stando ai sondaggi, dovrebbe uscire il nome del prossimo presidente della Repubblica. Chiamato a raccogliere i voti necessari a evitare il salto nel buio di una vittoria della Le Pen (che dovrebbe virare in testa al primo turno delle presidenziali con il 27-29%). Va ricordato che il Front National andò al ballottaggio già nel 2002 (con Jean-Marie Le Pen, favorito dalla frammentazione della sinistra, con 13 candidati), ma in un contesto completamente diverso, che impedì al “vecchio leone” di andare oltre il 18% ottenuto al primo turno.

Secondo le ultime rilevazioni, l’ex premier (e sindaco di Bordeaux) Alain Juppé continua a essere in testa (con il 36%), ma perde colpi a vantaggio di un altro ex premier, François Fillon, che in risalita al 22% starebbe ormai tallonando l’ex presidente Nicolas Sarkozy (al 29%). Tutto dipende dalla partecipazione. Più sarà alta più Juppé sarà favorito. Mentre Sarkozy sarebbe avvantaggiato da una partecipazione più ristretta, considerata la popolarità di cui gode tra i militanti dei Républicains. Con Fillon a fare appunto da terzo incomodo, da outsider.

A Emmanuel Macron – che ha fatto la scommessa di correre da solo, con un partito appena costituito – i sondaggi assegnano il 10-13 per cento. Ma sono precedenti all’annuncio ufficiale della sua candidatura.

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