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L’Apec scongiura (ma teme) un futuro più protezionistico

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Asia e Oceania

L’Apec scongiura (ma teme) un futuro più protezionistico

L’ufficialità dei summit, le dichiarazioni protocollari e quelle finali. Non è mancato niente al vertice Apec (Asia Pacific Economic Cooperation ) di Lima. Eppure nessuno ha saputo dissolvere l’aura di preoccupazione che ha accompagnato gli interventi dei leader di tutto il mondo. Quello appena concluso è il 28°forum Apec, un blocco composto da 21 Paesi che rappresenta il 54% del Pil globale, il 50,3% delle esportazioni mondiali e un mercato di 2,8 miliardi di persone.

I presidenti dei paesi dell’Apec si sono impegnati a combattere il protezionismo e a scongiurare nuove guerre delle valute tramite la svalutazione competitive.

Il testo finale recita così: «Ribadiamo il nostro impegno a mantenere aperti i nostri mercati e a combattere ogni forma di protezionismo e di astenerci dalle svalutazioni competitive».

Osservatori di politica internazionale, economisti e analisti politici per una volta sono tutti d’accordo: il convitato di pietra, Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, ha guastato la festa. La sua campagna elettorale, centrata sulla rinegoziazione dei trattati commerciali definiti «troppo svantaggiosi per gli Stati Uniti», non costituisce certo un incoraggiamento ai partecipanti al vertice. E istilla preoccupazione.

Impossibile sapere se il Trump alla Casa Bianca sarà lo stesso delle campagne elettorali. Ma è certo che qualcosa dovrà concedere ai suoi elettori e quel qualcosa va nella direzione opposta al rafforzamento della liberalizzazione dei commerci.

Gli altri grandi attori presenti a Lima hanno proseguito sulla linea di sempre con qualche correttivo: la Cina ha invocato un accordo di libero scambio nella regione dell’Asia-Pacifico per favorire una crescita mondiale più equa. Il presidente Xi Jinping ha ricordato che la Cina contribuisce al 40% della crescita mondiale dall’inizio della crisi finanziaria. E che la globalizzazione deve essere orientata al miglioramento delle condizioni di vita delle persone e alla riduzione della povertà.

Apparentemente distensivi anche i rapporti tra Stati Uniti e Russia. Prima dell’inizio del meeting di lavoro Barack Obama e Vladimir Putin si sono salutati e hanno espresso il loro rammarico per i mancati progressi in Ucraina. Tuttavia, è stato sottolineato che i restanti due mesi devono essere utilizzati per proseguire la ricerca di una soluzione per la Siria. In questo contesto, hanno convenuto che Sergej Lavrov e John Kerry continueranno a dialogare.

Il padrone di casa, il presidente del Perù, Pedro Pablo Kuczynski, è stato capace di affrancarsi dalle dichiarazioni protocollari e ha rilasciato una dichiarazione efficace, senza nascondere i suoi timori: « Siamo in un momento chiave della storia economica recente, dato che il risultato di varie elezioni in Paesi importanti ha riflesso un sentimento contrario al commercio e contro l’apertura dei mercati».

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