Mondo

Subito la stretta sul commercio

  • Abbonati
  • Accedi
USA

Subito la stretta sul commercio

  • –Gianluca Di Donfrancesco

Il neo-presidente degli Stati Uniti tiene fede alle promesse elettorali e cancella la Trans pacific partnership. Nel video messaggio alla nazione trasmesso lunedì, al grido «America first», Donald Trump ha indicato «l’emissione della notifica di ritiro degli Stati Uniti» dal mega accordo commerciale tra le prime cose che farà, a partire dal giorno in cui metterà piede alla Casa Bianca, a gennaio. La Tpp, ha ribadito, è «un potenziale disastro per il nostro Paese», al suo posto «negozieremo accordi bilaterali equi, che riportino in America posti di lavoro e fabbriche».

La Tpp puntava a creare un’area di libero scambio tra 12 Paesi del Pacifico (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti) e costituiva il perno della politica estera dell’amministrazione Obama, orientata a mettere la regione al centro della propria azione e a contenere l’egemonia della Cina, che ne rimane esclusa. L’accordo, inoltre, era destinato a imporre ai partner gli standard commerciali definiti da Washington, anche per togliere spazio a concorrenza sleale e dumping sociale e ambientale. Come spiega Claudio Dordi, docente di diritto internazionale alla Bocconi, «proprio i motivi che spingono la nuova presidenza degli Stati Uniti a non ratificare l’accordo dovrebbero, invece, promuoverne l’adozione. Se, infatti, i problemi sono quelli della scarsa tutela delle questioni ambientali, dei diritti dei lavoratori, e di tutti gli squilibri che sfavoriscono le imprese occidentali, come mancanza di normative a tutela della concorrenza, presenza ingombrante di imprese di Stato, scarsa tutela dei diritti di proprietà intellettuale, discriminazione negli appalti pubblici locali, va sottolineato che la Tpp dedica specifici capitoli a ognuno di questi settori».

I Paesi coinvolti hanno una popolazione di 800 milioni di abitanti, rappresentano il 40% dell’economia mondiale e il 25,9% degli scambi. La Tpp è stata firmata da tutti e 12 i potenziali membri il 4 febbraio scorso, dopo quasi dieci anni di negoziati e attende la ratifica dei Parlamenti nazionali. La sua entrata in vigore scatterebbe 60 giorni dopo essere stata ratificata da tutti i partner. Se la ratifica unanime non arrivasse entro il febbraio del 2018, basterebbero quelle di sei Paesi, a condizione che rappresentino l’85% del Pil dei partecipanti. Ma la defezione degli Stati Uniti, che per la prima volta nella loro storia bocciano un accordo già negoziato, fa cadere l’intera operazione.

Come ha sottolineato il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, dopo l’annuncio di Trump, la Tpp «non ha senso» senza gli Usa. Anche se né Abe né gli altri leader dell’intesa vogliono mostrare di aver già gettato la spugna, le speranze di portare a compimento l’intesa sono ormai spente. Come pure sono al lumicino quelle sull’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea - la Ttip, la Transatlantic trade and investment partnership - che sembrava già su un binario morto prima dell’elezione di Trump.

Il vuoto lasciato dagli Stati Uniti in Asia induce immediatamente la Cina all’azione. Già durante il vertice Apec (Paesi dell’Asia-Pacifico) del finesettimana a Lima, Pechino ha cominciato a promuovere il “proprio” mega-accordo: la Regional comprehensive economic partnership (Rcep), che coinvolge i Paesi del Sud-est asiatico (Asean) e i loro principali partner commerciali e che ruota attorno all’economia cinese.

L’altro trattato nel mirino di Trump è il Nafta con Canada e Messico, «il peggiore mai negoziato dagli Stati Uniti», come lo ha definito in campagna elettorale. Anche questo rientra tra le priorità che saranno affrontate a partire dal «day one» alla Casa Bianca: il neo presidente è pronto a denunciarlo se non riuscirà a modificarlo a vantaggio degli Usa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA