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La morte di Fidel Castro, fine di un’epoca

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IL COMMENTO

La morte di Fidel Castro, fine di un’epoca

Fidel Castro (Epa)
Fidel Castro (Epa)

È morto Fidel Castro e forse, ancora una volta, anche il Che Guevara che della rivoluzione cubana e di quell'epoca di grandi rivolgimenti ideologici è rimasto nei decenni il simbolo più duraturo e romantico, consegnato tra le icone della storia da una morte eroica. Dopo il fallimento dell'assalto alla Moncada, Fidel e il Che ricominciarono insieme, con il fratello Raul e Camilo Cienfuegos, l'avventura rivoluzionaria: la battaglia decisiva avvenne a Santa Clara, uno scontro armato iniziato all'alba del 29 dicembre 1958 e che si concluse a mezzogiorno del 1º gennaio 1959: il netto successo dei castristi fu decisivo per la sconfitta del governo di Fulgencio Batista e la vittoria del Movimento 26 Luglio.

“Hasta la victoria siempre”, era allora lo slogan della rivoluzione, lo stesso con cui oggi il fratello Raul ha annunciato ai cubani la morte del Comandante. Una foto che mi regalò forse vent'anni fa Raul Corrales, il fotografo della rivoluzione morto nel 2006, dieci anni prima di Fidel, mostra l’immagine di Castro e del fratello che cavalcano al galoppo impugnando i fucili e agitando le bandiere. Al Museo di Santa Clara dedicato al Che e alla rivoluzione sono ancora in mostra quelle armi, degli schioppi che sembrano fucili giocattolo e una piccola mitragliatrice che impallidiscono e quasi commuovono davanti alle armi letali delle guerriglie di oggi in Medio Oriente.

L'impatto mondiale del trionfo dei “barbudos” cubani, non più di 800 guerriglieri in tutto, è immenso. Uno squarcio nello scacchiere della guerra fredda che aprirà ferite insanabili nei rapporti tra gli Stati Uniti e il regime comunista dell'Avana. Nel 1961 un piccolo esercito composto da 1500 esuli, addestrati e finanziati dalla Cia, prova a sbarcare sull'isola per rovesciare Castro. È la Baia dei Porci che finisce tragicamente per gli assalitori soprattutto perché John Kennedy impedisce ai caccia di appoggiare lo sbarco. Un anno e mezzo dopo, nell’ottobre del '62, quando gli americani scopriranno a Cuba l’installazione di rampe di lancio sovietiche per missili nucleari, il mondo sarà, per 13 giorni, sull’orlo della guerra atomica. L’Urss allora investe miliardi per conservare l’avamposto strategico di Cuba a 90 miglia dalle coste della Florida. Con quei soldi Fidel finanzia il suo modello rigido di socialismo con scuole, ospedali ma anche le guerriglie che esplodono un po’ ovunque, fino a inviare i soldati cubani a proteggere l’esperimento comunista in Angola.

Negli anni '90 inizia la crisi, finisce l’Urss, i sussidi di Mosca si riducono al lumicino mentre i cubani affamati tentano la fuga dall'isola, sono i “balseros” sulle zattere: l’economia crolla e si entra in una drammatica carestia che costringerà Fidel Castro ad aprire le porte al turismo internazionale. L’ultima stagione politica significativa di Castro fu la “Primavera Negra del 2003” e dei cosiddetti “talebani”, un gruppo di giovani fedelissimi uniti dal collante del socialismo. Cominciarono nuove purghe, processi, fughe di oppositori ma con la malattia e l’avvento al potere di Raul tutte le personalità più vicine a Fidel vennero allontanate.

Ed è proprio il fratello Raul che compie la svolta decisiva, la normalizzazione di Cuba: nel dicembre 2014 firma la pace con i grandi nemici di Fidel, gli Stati Uniti. Forse lui non l'avrebbe mai fatto.

È passata un'era geologica da quando Castro entrò trionfalmente all’Avana l’8 gennaio del 1959 in piedi su una jeep: era un giovanotto di 32 anni, alto un metro e novanta, miope, con una lunga barba e una divisa militare verde oliva. E oggi l’annuncio della sua morte sembra porre una domanda: dove eravamo rimasti? Con la scomparsa di Castro viaggiamo ancora sulla coda di un secolo dove il passato è morto e non si vede ancora il futuro. Il '900 continua ogni giorno in Medio Oriente, dove in un bagno di sangue si sta polverizzando l’eredità degli stati post-coloniali. Non è stato archiviato nei Balcani e a Est, dove, diceva Milovan Gilas, non si sono ancora regolati tutti i conti della seconda guerra mondiale. Continua qui in Europa con il risorgere dei fantasmi del '900. È l’agonia di un secolo lungo di cui Castro fu uno dei grandi protagonisti.

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