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Morto Fidel Castro: ora è a rischio il disgelo con gli Usa

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Morto Fidel Castro: ora è a rischio il disgelo con gli Usa

NEW YORK - Il momento è arrivato: dopo aver sfidato ben 11 presidenti americani Fidel Castro è uscito dal palcoscenico della storia. Un’uscita malinconica per Cuba che ha visto il suo leader rivoluzionario e romantico invecchiare male, con messaggi che negli ultimi tempi avevano sostituito lo smalto rivoluzionario con il rancore. Rancore soprattutto contro gli Stati Uniti, potenza imperiale e capitalista, l’emblema stesso del diavolo. Ma anche contro Barack Obama l’unico presidente che avuto il coraggio di chiudere con la tradizione di isolare Cuba, sia che alla Casa Bianca ci fosse un repubblicano o democratico: «Non abbiamo bisogno dei regali dell’impero», ha scritto fra l’altro Fidel in un lungo articolo pubblicato subito dopo la visita di Obama a Cuba il 20 marzo scorso.

Ma l’uscita di Fidel chiude soprattutto una partita ideologica. L’America ha potuto permettersi di aspettare per decenni questo momento dal forte messaggio politico: gli Stati Uniti sono una democrazia che poggia sulla continuità delle sue istituzioni affidate temporaneamente alla custodia di individui. Una dittatura, al di là della componente romantica rappresentata da Castro, lega il suo periodo storico alla vita o alle fortune di un individuo. Questa dicotomia cambia la prospettiva storica: oggi l’America, come nel 1961, all’epoca del fallito sbarco americano nella Baia dei Porci, è guidata da un presidente giovane, energico che a sua volta ha fatto storia come primo afroamericano alla guida del Paese. Cuba è guidata dal fratello di Fidel, Raul Castro un ottantacinquenne al potere da 55 anni e alla guida di un Paese strangolato da un disastro economico. L’America insomma, dopo le mille battaglie, alla fine ha vinto la guerra; bastava aspettare.

Non che le sfide di Fidel all’America non abbiano lasciato il segno. Il flashback in bianco e nero ci riporta alla crisi missilistica con la Russia, alla Guerra Fredda fuori dall’Europa, per arrivare al disastro della Baia dei Porci, fino all’estensione della battaglia rivoluzionaria castrista fuori dai confini di Cuba. A cambiare innanzitutto in peggio i paradigmi politici nella relazione fra Stati Uniti e il mondo ispano-americano, fino agli interventi cubani in appoggio alle lotte rivoluzionarie in Africa, «quando l’America continuava ad appoggiare l’Apartheid in Sudafrica» ha scritto ancora Castro nel marzo scorso.

Castro ha anche inquinato brevemente in rapporti transatlantici quando Washington approvò nel 1996 la legge Helms Burton sull’extraterritorialtà di certe sanzioni contro Cuba e l’Iran. Prima ancora, negli anni Settanta, negli anni del Vietnam, l’immagine di Fidel e del Che diventava un simbolo di resistenza contro l’imperialismo americano per i giovani comunisti europei.

Resta aperta la sfida per il futuro: cosa farà Donald Trump? Chiuderà davvero l’Ambasciata americana all’Avana? Prima della morte di Castro dal suo punto di vista poteva aver senso. Ma oggi, archiviata una pagina di storia del XX secolo, forse anche Trump si renderà conto che è meglio guardare avanti.

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