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Uno scudo di acciaio per proteggere Chernobyl

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a 30 anni dal disastro

Uno scudo di acciaio per proteggere Chernobyl

La luce in fondo al tunnel di Chernobyl è quella del sole. Due compagnie cinesi hanno confermato l’intenzione di costruire un impianto per la produzione di energia solare all’interno della zona proibita - i 30 km attorno alla centrale nucleare esplosa la notte del 26 aprile 1986 a causa di un test sfuggito al controllo. La regione di Chernobyl come fonte di energia pulita per l’Ucraina, forse il modo più appropriato per iniziare a ridare un futuro a questa terra “esclusa”, abbandonata dagli abitanti, devastata dalla radioattività rilasciata dalla fusione del reattore n.4 della centrale. Il peggior disastro nucleare della storia.

Ma prima che il futuro cominci, il passo da compiere era la messa in sicurezza del “sarcofago” costruito frettolosamente sopra il reattore. Frutto del contributo di più di 40 Paesi, la costruzione di un gigantesco scudo di acciaio è durata quattro anni, a 300 metri dal reattore esploso. Il lento spostamento su binari di questa che è considerata la struttura mobile su terra più grande mai costruita dall’uomo ha richiesto diversi giorni: oggi l’arco è arrivato al suo posto (sul sito della Bers, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, è stato possibile seguire live la cerimonia alla presenza delle autorità ucraine, alle 11 ora italiana: http://www.ebrd.com/home).

Alto 108 metri (esattamente come la guglia della Madonnina del Duomo di Milano), lungo 162, con un’arcata di 257 metri e un peso di 36mila tonnellate; lo scudo sigillerà la centrale per una durata di almeno 100 anni. Sotto la direzione della Bers, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo che è stata scelta per amministrare finanziariamente il progetto, il New Safe Confinement di Chernobyl è stato realizzato dalle francesi Bouygues e Vinci ed è costato un miliardo e mezzo di euro.

«Finché l’arco non sarà al suo posto - spiega Vincent Novak, responsabile Bers per la sicurezza nucleare - non saremo al sicuro». Sotto la protezione dello scudo di acciaio, a 30 anni dal disastro, potrà iniziare lo smantellamento del sarcofago e la gestione delle scorie radioattive rimaste. Ma intorno alla centrale, un’area di 3.000 km quadrati resta proibita all’abitazione dell’uomo. Divieto ignorato dalla natura, che ha ripreso a ripopolare con diverse specie le foreste intorno a Chernobyl e a Pripyat, la città deserta dove abitavano i dipendenti della centrale. Il futuro dipenderà anche dalle ricerche che gli scienziati stanno svolgendo sulla vita che gli animali hanno ripreso a condurre qui. E dalle conclusioni sull’impatto per l’uomo, che non ha ancora una cifra a quantificare le vittime della tragedia: un tecnico ucciso immediatamente dall’esplosione, i 31 “liquidatori” esposti alle radiazioni che morirono nelle settimane successive. E poi le decine e decine di migliaia di persone contaminate. Morti che continuano negli anni, senza numero.

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