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Per i big italiani stock alto ma ora più capitale e coperture

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Europa

Per i big italiani stock alto ma ora più capitale e coperture

  • –Marco Ferrando

Più capitale, più coperture sui crediti deteriorati. Che intanto, seppur lentamente, scendono. Se lo stato di salute del sistema bancario europeo è in lieve miglioramento, quello italiano non fa differenza: nei primi sei mesi dell'anno, pur a fronte di un contesto di mercato tutt'altro che facile, la qualità dello stato patrimoniale è migliorata. Certo, l'Italia rispetto all'Europa continentale partiva da premesse ben peggiori, considerato che il 25% degli Npl europei hanno cittadinanza italiana: il delta con i competitor, pertanto, rimane elevato.

La mole delle sofferenze

Anzitutto, il credito. Dalla tradizionale valanga di dati diffusi ieri alle 22 dall'Eba emerge che il totale delle sofferenze lorde delle principali 15 banche italiane è sceso da 281,3 a 276,6 miliardi, per un'incidenza sul totale del portafoglio crediti in discesa dal 16,8 al 16,4%; il miglioramento c'è, dunque, anche se la media europea calcolata dall'Eba (non limitata all'area euro) rimane lontana anni luce: 5,4% al 30 giugno, 30 punti base in meno di fine dicembre 2015.

Se si tiene conto però degli accantonamenti (128,2 miliardi al 30 giugno), il divario si assottiglia: le sofferenze italiane, infatti, sono coperte al 46,3%, un dato in crescita rispetto al 2015 (45,4%) ma soprattutto superiore alla media europea, pari al 43,8 per cento. La fotografia scattata dall'Eba conta 148,3 miliardi di sofferenze nette, in discesa dai 153,4 miliardi del 2015, per un'incidenza totale che scende così dal 9,18% all'8,81%; in questo caso la media europea è pressoché stazionaria intorno ai 3 punti percentuali.

Il capitale

Strettamente collegato al tema del credito è quello del capitale. Le prime 15 banche italiane, con i loro 127 miliardi di asset validi ai fini del patrimonio di vigilanza, al 30 giugno hanno registrato un Common equity tier 1 fully loaded pari all'11,47%: è più alto di sei mesi prima, quando era all'11,34%, ma con una distanza crescente rispetto alla media europea, che migliora di venti punti base a quota 13,15%. Merito dei Paesi nordici, come la Svezia (19,56%) o la Norvegia (14,42%), ma anche della Germania (13,16%) o della Francia (13,26%). Ci consoliamo con la Spagna, più in basso con 10,80 pur in miglioramento dal 10,58%.

L'esposizione ai rischi

Ad emergere inoltre è un progressivo derisking dei bilanci. Seppur a macchia di leopardo, le singole radiografie diffuse dall'Authority sui bilanci degli istituti fanno emergere un trend di riduzione delle esposizioni a tutti i rischi, da quelli di credito, alle cartolarizzazioni, dai rischi di mercato (cambi o commodities) ai rischi operativi. Del resto sono molte le banche che, messe alle strette dal pressing della Banca Centrale Europea, hanno scelto di ridimensionare in questi mesi gli attivi per ridurre (o quanto meno contenere) la minaccia di nuove richieste di incrementi patrimoniali, necessari per mantenere in equilibrio i ratio di Vigilanza. Ecco, ad esempio, come si spiega il calo delle esposizioni a rischio di Banca Popolare di Vicenza, la cui esposizione totale ai rischi è passata da 24,8 miliardi fine 2015 a 22,8 miliardi di giugno 2016, con un taglio netto di 2 miliardi. Stesso trend per Veneto Banca, che ha visto scendere l'ammontare totale da 23,1 miliardi a 21,4 miliardi di giugno 2016. Più contenuti invece i cali del Banco Popolare (da 44,7 a 44,2 miliardi), Credem (da 13,2 a 13), Creval (da 15,5 a 15,3). C'è però anche chi cresce: Intesa Sanpaolo, ad esempio, ha registrato un aumento da 284 a 286,6 miliardi. La diapositiva dell'Eba si focalizza anche sulle principali voci di conto che, seppur di difficile comparazione visto che siamo a metà anno, mostrano un'ulteriore contrazione del margine di interesse, complice lo scenario di tassi rasoterra, e una sostanziale tenuta dei ricavi da commissione.

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