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Diego Borgese: un esperto italiano alla Tokyo Medical and Dental University

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Asia e Oceania

Diego Borgese: un esperto italiano alla Tokyo Medical and Dental University

Prima al mondo per reputazione, anche se solo sesta in classifica generale per alcuni quasi inevitabili handicap (l'uso della lingua giapponese, il numero relativamente scarso di studenti e professori stranieri). Alla Tokyo Ikashika Daigaku ( “Tokyo Medical and Dental University - TMDU) la facoltà di “dentistry” eccelle nei ranking internazionali. Si trova nel centro della citta',a Ochanomizu, articolata su una serie di grandi edifici. Al suo fianco si erge lo Yushima Seido, un tempio costruito dallo studioso neoconfuciano Hayashi Razan, che assieme al non distante Yushima Tenmangu (scintoista) attira gli studenti a pregare - ne sono testimonianza le numerose tavolette votive (ema) - per il successo nel superare gli esami. Soprattutto quello di ammissione e' difficilissimo: basti pensare che i posti disponibili ogni anno sono solo 53 (oltre a una ottantina per i corsi post-laurea). Lo stemma dell'università (un fiore di susino a cinque petali con un cerchio centrale) e' lo stesso del Tenmangu, dedicato a Tenjin, il dio della conoscenza. Il logo della sigla TMDU unisce M e D per simboleggiare la fusione tra Medicina e Odontoiatria. Gli studenti stranieri, per lo più dal resto dell'Asia, sono in tutto 130, concentrati nei corsi post-laurea e spesso supportati da Borse di studio concesse dal governo giapponese.

Un italiano alla Tdmu. C'e' un solo visiting professor europeo, Diego Borgese, esperto di biomateriali, implantologia e parodontologia (insegna anche alla Showa University, mentre a Roma e' professore a contratto presso l`Universita' Cattolica/Gemelli, dove insegna implantologia). La sua storia professionale e' piuttosto originale.
“Una scelta controcorrente fatta quando decisi di venire in Giappone e non in Paesi europei o negli Stati Uniti - racconta Borgese - , Con una borsa di studio restai un anno e mezzo in questa università e da allora non ho mai interrotto la collaborazione. Una collaborazione che si e' sviluppata negli anni in un modo che non avrei pensato. Arrivato qui come ricercatore, il mio programma prevedeva di ritornare in Italia. Cosi' un po' e' stato ma non ho mai interrotto i viaggi qui in Giappone, finche' nel 2007 non mi hanno proposto l'incarico di visiting professor. Da allora ho intensificato i rapporti e due-tre volte l'anno trascorro periodi di insegnamento e di ricerca. Una grande opportunità,visto che non e' semplice trovare grandi strutture che diano possibilità' di fare ricerca in maniera approfondita e continuativa”. Piu' in dettaglio, Borgese spiega: “Avendo praticato judo per anni fino alla cintura nera, avevo il mito del Paese del Sol Levante e sarei voluto venire in Giappone per perfezionarmi al Kodokan, la palestra del fondatore Jigoro Kano. Dopo la laurea in medicina e chirurgia e la specializzazione in odontoiatria volevo fare un'esperienza di studio e ricerca all'estero, ho unito i due interessi ed ho cercato il modo per venire a Tokyo” “Sono riuscito ad ottenere una borsa di studio della Japan Society for Promotion of Science - continua - e sono arrivato alla TMDU come ricercatore per quasi 2 anni, nel 1990 nel reparto di parodontologia con il prof. Isao Ishikawa ed implantologia con il Dr. Makoto Ogiso”. Nonostante i buoni propositi iniziali, una volta arrivato alla TDMU - dice Borgese con qualche ironia - “mi trovai di fronte ad una tale mole di lavoro, interventi chirurgici e ore di ricerca in laboratorio che non riuscii mai più a mettere piede al Kodokan. Qui l'università è full time: mattina, pomeriggio e sera. Sabato e domenica. E se necessario fino a tarda notte”. In seguito, ha potuto poi riversare nella sua attività in Italia le sue esperienze giapponesi.

Diego Borgese: un italiano alla Tokyo Medical and Dental University

Le ragioni di una eccellenza. “La ragione di una valutazione cosi' alta della nostra facoltà sta nella attività nel campo della ricerca e nel ruolo internazionale in Asia”, afferma il prof. Junji Tagami, executive director del TMDU. - La scienza dei materiali dentali e' un focus essenziale della ricerca. In Giappone, fortunatamente, ci sono molte aziende manifatturiere eccellenti in questi materiali e strumenti. Possiamo collaborare con queste aziende e con i loro ingegneri e chimici per sviluppare nuovi materiali e devices. Abbiamo un apposito istituto per i biomateriali, dove vengono anche ricercatori ospiti provenienti dalle aziende”. Un risultato positivo della crisi petrolifera degli anni `70, spiega il professore e' stato lo sviluppo di nuovi business al quale sono state costrette varie imprese giapponesi attive nella petrolchimica, che ha favorito lo sviluppo di materiali in plastica ad alta adesività, anche se poi la guida del settore e' stata presa da aziende tecnologiche dell'imaging come Olympus, Sony, Pentax, Nikon, Hoya e cosi' via.

Il rapporto tra ricerca e aziende. “Uno dei vantaggi di fare ricerca qui rispetto al nostro Paese e' quello di poter collaborare con grandi aziende - sottolinea anche Borgese -. Fare la ricerca vera in Italia e' difficilissimo proprio perché non ci sono molte aziende come qui che sviluppano biomateriali. Qui noi possiamo chiedere di sviluppare un prodotto, un impianto, un biomateriale secondo le nostre esigenze in base alla nostra esperienza. In Italia prevalente si fa attivita didattica e attivita' di reparto. Ovviamente ci sono centri di ricerca di eccellenza, ma qui la situazione e' diversa. Gli universitari fanno solo l'università': finita la parte didattica e clinica, possono e devono fare ricerca. C'e' anche da dire che molte volte in Italia o Europa non ci si rende conto della mole di ricerca che si svolge in università come questa: le ricerche in corso sono tantissime e molte non vengono pubblicate in inglese e quindi rimangono sconosciute, anche se presentano tanti spunti interessanti.”
Nella odontoiatria moderna la grande differenza rispetto al passato è data dai progressi della scienza dei materiali: “Basti pensare ai potenti adesivi di cui disponiamo, da utilizzare con i cosiddetti compositi per fare otturazioni o ricostruzioni più estese, alle ormai meravigliose ceramiche o zirconio per le corone oppure ai biomateriali utili per ricostruire dei difetti ossei causati da traumi, infiammazioni ed estrazioni dentarie”.

Uno sguardo sul futuro. “Da circa venti anni - prosegue Borgese - qui mi occupo della ‘Socket preservation' tecnica innovativa e della ricerca sui biomateriali più idonei da utilizzare come sostituti dell'osso. In seguito all'estrazione o la perdita traumatica di uno o più denti l'alveolo (che non è altro che il contenitore di un dente) nel processo di guarigione subisce una serie di cambiamenti che fanno parte del processo di guarigione e che portano ad un rimodellamento in senso riduttivo del volume e della qualità dell' osso. Per evitare questo riassorbimento dell'osso, si può utilizzare la tecnica della ‘socket preservation', inserendo all'interno dell'alveolo dei sostituti dell'osso/biomateriali che mantengono pressoché inalterato il volume alveolare: questi biomateriali vengono di solito combinati con il sangue del paziente e ricoperti con una membrana di collagene riassorbibile per avere il loro massimo effetto. Il periodo di attesa prima di poter inserire un impianto (o vite) nella zona dove è stata fatta l'estrazione e' di circa 6 mesi, dopo di che si procede alla realizzazione della protesi”
In un giorno non troppo lontano, conclude Borgese, non si faranno quasi piu' semplici estrazioni dentarie: “L' alveolo sarà ricostruito di routine per non andare incontro a tutti quei processi di riassorbimento osseo che rendono difficile una corretta riabilitazione implantare, ma anche l'utilizzo di una semplice protesi totale mobile.”

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