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Ue divisa sui negoziati con Ankara

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Europa

Ue divisa sui negoziati con Ankara

Bruxelles
Sarà un vertice europeo di un solo giorno, ma non per questo meno impegnativo quello che si terrà domani qui a Bruxelles. Alcuni dei temi appaiono poco controversi, come quelli della sicurezza o della difesa. Altri invece sono assai più complessi, come quelli legati alle relazioni con la Turchia o l'Ucraina. In questi ultimi due casi, la situazione che si è venuta a creare è rivelatrice delle difficoltà dei Ventotto nell'affrontare i sentimenti euroscettici e populisti delle loro opinioni pubbliche.
Sul fronte turco, gravi divisioni europee sono scoppiate ieri quando i ministri per gli Affari Europei dei Ventotto non sono riusciti a mettersi d'accordo sul modo in cui definire il rapporto con Ankara. Sulla scia della deriva autoritaria del presidente Recep Tayyip Erdogan e forte di un voto del Parlamento europeo in tal senso, l'Austria ha chiesto il congelamento del negoziato di adesione del Paese all'Unione, contro il volere dei suoi partner.

«Un Paese si è opposto alle conclusioni negoziate dalle delegazioni nazionali e dedicate ai Paesi dell'allargamento, e in particolare alla Turchia», ha spiegato in una conferenza stampa Miroslav Lajcak, il ministro degli Esteri della Slovacchia, che detiene la presidenza dell'Unione. Secondo il ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn, è la prima volta in 12 anni che i Ventotto non riescono a mettersi d'accordo sulle conclusioni da adottare in tema di allargamento.
Commentava ieri un diplomatico: «L'Europa lancia un segnale molto negativo: si mostra incapace di prendere posizione sul futuro del vicinato». La questione turca sarà discussa dai leader domani qui a Bruxelles. La sfida è sempre di trovare un compromesso tra le pressioni delle opinioni pubbliche, che chiedono una reazione alla deriva autoritaria di Ankara; e le esigenze della Realpolitik, se è vero che i Ventotto non se la sentono di rinnegare l'accordo del marzo scorso per meglio gestire i flussi migratori.

Nel contempo, la stessa intesa scricchiola. In cambio dell'aiuto turco sul fronte migratorio, i Ventotto avevano promesso una liberalizzazione dei visti, un passaggio ancora in alto mare. Si sta quindi discutendo come rassicurare i turchi su questa mancata decisione. Una possibilità potrebbe essere di offrire loro un vertice bilaterale, alla stregua dei summit con gli Stati Uniti o la Russia. L'ipotesi però non piace: che effetto avrebbe un summit con il presidente Erdogan agli occhi degli elettori europei?
Sul fronte ucraino, invece, i leader dovranno sottoscrivere sempre domani una dichiarazione tutta dedicata a tranquillizzare gli elettori olandesi che in aprile hanno bocciato per referendum l'accordo di associazione con Kiev. La decisione ha bloccato l'iter di ratifica e la piena entrata in vigore del trattato. Il voto non è vincolante, e il premier Mark Rutte ha chiesto ai suoi partner una dichiarazione nella quale i Ventotto precisano che l'accordo non significa adesione all'Unione.
Il testo è stato negoziato dai diplomatici, ma alcuni passaggi restano ostici. Non è una operazione facile, perché i partner non vogliono mettere a rischio giuridico il proprio iter di ratifica ormai concluso (l'Olanda è infatti l'unico Paese rimasto). Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, la dichiarazione è un

susseguirsi di precisazioni sui limiti dell'accordo di associazione. «L'ultimo passaggio sarà negoziato dai leader – spiega un esponente europeo –. Non sarà facile».
Il governo olandese tenta di aggirare con una dichiarazione interpretativa da fare approvare in Parlamento a L'Aja l'esito del voto referendario dello scorso aprile. Con quali conseguenze sugli elettori olandesi? Più in generale, le due partite, quella turca e quella olandese, sono rivelatrici delle crescenti difficoltà dei governi nazionali ad affrontare l'euroscetticismo delle proprie opinioni pubbliche senza mettere a repentaglio le scelte politiche prese a Ventotto.

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