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Gentiloni: sui migranti Ue in ritardo

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Europa

Gentiloni: sui migranti Ue in ritardo

  • –Gerardo Pelosi

BRUXELLES

Ai molti leader europei incontrati ieri al suo primo vertice Ue il nuovo premier Paolo Gentiloni ha dato il segno tangibile della “continuità” del nuovo esecutivo rispetto al percorso riformatore impostato da Matteo Renzi almeno su tre dossier: migranti, economia, sanzioni alla Russia. «I miei colleghi erano incuriositi dalle vicende politiche italiane – ha detto Gentiloni – ma hanno anche apprezzato la rapidità con la quale abbiamo risolto la crisi». Per Gentiloni anche se l’Europa ha fatto dei passi avanti sulla gestione comune della crisi dei rifugiati «continua ad esserci un fortissimo ritardo». È stata recepita la proposta italiana del febbraio scorso sui migration compacts con i Paesi di origine, ma «i tempi sono ancora troppo lunghi».

Sulle nuove sanzioni alla Russia per la crisi ad Aleppo Gentiloni ha rilevato che «la Ue non può avere una sorta di reazione automatica di fronte alle crisi con le sanzioni. Abbiamo una fase di transizione a livello internazionale, c’è la transizione della nuova amministrazione americana. C’è una continuità nel caso dell’Ucraina, con un percorso consolidato di sanzioni ma aggiungerne per altre crisi per l’Italia sarebbe stato un errore».

Prima del Consiglio Ue un lungo applauso della famiglia socialista riunita nella Albert Hall aveva “incoronato” il nuovo premier italiano che di buon grado ha appoggiato la candidatura di Gianni Pittella a presidente dell’Europarlamento al posto di Martin Schulz. Un applauso dai socialisti che «non è stato liberatorio» perché nel benvenuto dato dal segretario generale, Sergej Stanishev, e dagli altri leader al nuovo premier italiano ci sono stati «ripetuti e forti ringraziamenti per il lavoro fatto» da Matteo Renzi. L’apprezzamento per la continuità viene espresso anche da Pierre Moscovici: «Quello di Paolo Gentiloni, ha detto, «è sempre un governo amico».

Poi l’impegno del Consiglio europeo preceduto dal primo faccia a faccia con Angela Merkel, François Hollande e Mariano Rajoy per la firma dell’accordo di sostegno economico al Niger, «primo concreto passo avanti» nell’attuazione del cosiddetto “migration compact”, l’idea italiana lanciata a gennaio scorso e che comincia sia pure lentamente a funzionare.

Gentiloni si è assoggettato di buon grado e fino a tarda ora ai giri di tavola del vertice sulla situazione economica (con relazione del presidente Bce Mario Draghi) il rapporto Nato-Russia (con la presenza del segretario generale della Nato Stoltenberg), la relazione dell’Alto Rappresentante per la politica estera e di Difesa Federica Mogherini sulla crisi umanitaria ad Aleppo, i tempi per la Brexit durante la cena di lavoro.

Sull’economia, in particolare, Gentiloni ha valutato come «ottimistico» il quadro complessivo disegnato dal presidente della Bce Mario Draghi mentre su «eventuali scostamenti non ci sono novità né problemi tra Padoan e Moscovici». In realtà il presidente della Bce ha segnalato le debolezza dell’Eurozona e il rischio che il rialzo dei tassi possa creare problemi ai Paesi maggiormente indebitati a cominciare dall’Italia. Per questi ultimi, secondo Draghi «il consolidamento di bilancio deve essere l’approccio dominante». Draghi non avrebbe però sollevato, secondo quanto riferito da Gentiloni, il problema di Mps.

Per la prima volta Gentiloni si è espresso anche su articolo 18 e Jobs act. «Non abbiamo nessunissima intenzione di cambiare linea sull’articolo 18 o il Jobs act - ha precisato il premier - tutto è perfettibile, ma io considero la riforma del lavoro che abbiamo fatto come uno dei risultati importanti da difendere del nostro governo». Il giorno dopo la fiducia ottenuta al Senato Gentiloni viene quindi catapultato sul palcoscenico europeo. Negli incontri a margine sono molti i leader che gli chiedono chiarimenti sulla durata del suo esecutivo. Gentiloni resta sul vago anche se nell’ultimo consiglio dei ministri avrebbe confessato che il suo gabinetto ha sulla carta una vita di non più di quattro mesi, quelli che servono per la legge elettorale e per completare le riforme.

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