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Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Cipro tra i paradisi fiscali più…

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RAPPORTO OXFAM

Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Cipro tra i paradisi fiscali più aggressivi

La “battaglia delle tasse” sta contagiando anche i paesi dell'Unione europea. Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Cipro sono entrati nella classifica dei 15 paradisi fiscali societari più aggresivi del mondo, secondo l'ultimo rapporto di Oxfam, dal titolo - appunto - “Tax Battles”. Questi 15 paradisi fiscali, sostengono gli esperti che hanno messo a punto l'indagine, sono tra i principali responsabili a livello globale della corsa al ribasso sulla tassazione degli utili d'impresa che sottrae miliardi di euro alla lotta alla disuguaglianza e alla povertà. Una corsa, o “battaglia” come viene definita, che non va a vantaggio delle piccole e medie imprese (che in Italia rappresentano la quasi totalità delle realtà produttive) ma delle grandi multinazionali come Apple, Google o Starbucks.
La classifica di Oxfam pone sul podio le Bermuda, le Isole Cayman e l'Olanda, seguite da Svizzera, Singapore, Irlanda, Lussemburgo, Curaçao, Hong Kong, Cipro, Bahamas, Jersey, Barbados, Mauritius e Isole Vergini britanniche.
Bermuda. Il piccolo stato caraibico, uno dei territori britannici d'oltremare, si posiziona al primo posto della classifica. Nel 2012 le multinazionali statunitensi hanno dichiarato più profitti alle Bermuda che in Giappone, Cina, Germania e Francia messi insieme. L'imposta sul reddito delle società è dello 0% e lo scarsa propensione alla cooperazione internazionale in materia di contrasto all'elusione fiscale fanno delle Bermuda una vera e propria attrazione per le multinazionali. Secondo Citizens for Tax Justice, nel 2015 il 30% delle compagnie della lista “Fortune 500” aveva sussidiarie alle Bermuda.
Il vicepremier e ministro delle Finanze delle Bermuda, E. T. Richards Jp, contesta però questa classifica. «Oxfam - ha dichiarato in una nota - ha commesso degli errori sostanziali». Per esempio, sostiene il ministro, non ha tenuto conto «dei criteri di trasparenza e di compliance, nei quali le Bermuda si classificano molto bene». Inoltre, le «società scudo anonime» non esistono nelle Bermuda, paese che è impegnato «nelle iniziative dell'Ocse e in quelle globali, incluso il Beps (Base erosion and profit shifting)».
Isole Cayman. Quando il presidente Usa, Barack Obama, ha scoperto che quasi 19mila compagnie erano registrate in un unico indirizzo alle Isole Cayman ha commentato: «O è il più grande edificio del mondo o questa è la più grande truffa mai vista». Le Isole Cayman sono uno dei paradisi fiscali più “puri” al mondo per le multinazionali: 0% di imposta sul reddito societario e 0% di ritenuta alla fonte.
Olanda. I Paesi Bassi sono il paradiso fiscale societario più aggressivo d'Europa, secondo la classifica di Oxfam. L'imposta sul reddito per le multinazionali è ufficialmente del 25% ma il paese concede tra i più alti incentivi fiscali alle multinazionali e tante corporation vi trasferiscono enormi quantità di profitti eludendo il pagamento delle tasse altrove. Una compagnia australiana ha utilizzato una società di comodo nei Paesi Bassi per eludere il pagamento di circa 27,5 milioni di dollari di tasse in Malawi, uno dei paesi più poveri al mondo. Una cifra sufficiente per pagare gli stipendi a circa 10mila infermiere, sottolinea il rapporto di Oxfam.
Svizzera. È stata a lungo la destinazione preferita per nascondere le ricchezze alle autorità fiscali. È anche uno dei paesi maggiormente attrattivi per le multinazionali intente a “ottimizzare” il carico fiscale sui propri utili globali. Ci sono tanti buchi nella normativa fiscale in Svizzera quanti nel suo famoso formaggio, affermano gli esperti di Oxfam. Come contributo alla lotta internazionale contro l'elusione fiscale, la Svizzera eliminerà entro il 2019 le norme in vigore che avvantaggiano fiscalmente le compagnie estere. «Per prevenire un esodo delle compagnie», ha però dichiarato il Dipartimento federale delle Finanze svizzero, ci sarà una compensazione con un'aliquota fiscale più bassa per i redditi d'impresa e altri incentivi per le multinazionali.
Singapore. Unica città-stato insulare al mondo, è un importante centro finanziario del sud-est asiatico. Sebbene l'aliquota per i redditi d'impresa non sia la più bassa della classifica, Singapore garantisce diversi incentivi per le multinazionali per favorire la riduzione del loro carico fiscale globale, come gli incentivi per i servizi finanziari e per la ricerca e sviluppo. Inoltre, diversi casi di compagnie che trasferiscono artificialmente a Singapore i profitti realizzati nei paesi in cui conducono realmente le loro attività, collocano la città-stato al quinto posto della classifica.
Irlanda. È conosciuta anche per il “Double Irish”. Si tratta di una scappatoia fiscale che permette alle compagnie non residenti di trasferire i profitti in un paradiso fiscale passando attraverso l'Irlanda. Nonostante le pressioni per mettere fine a questa pratica, si potrà ricorrere al “Double Irish” fino al 2020. Il governo irlandese ha inoltre introdotto nuovi incentivi fiscali che spianano potenzialmente la strada a nuove pratiche di abuso. La recente decisione della Commissione europea, che ha rivelato come le autorità fiscali irlandesi abbiano permesso ad Apple di eludere 13 miliardi di euro di tasse, dà una indicazione dell'entità degli abusi che il sistema fiscale irlandese ha facilitato.
Lussemburgo. Incastonato fra Germania, Francia e Belgio, il Granducato si è trovato al centro dello scandalo LuxLeaks, che ha rivelato nel novembre del 2014 come gli accordi fiscali segreti con le autorità fiscali del Lussemburgo abbiano permesso a più di 300 multinazionali di eludere il pagamento delle imposte dovute in altri paesi. Sebbene lo scandalo abbia spinto il Granducato a condividere le informazioni su questi accordi (”tax-rulings””) con altri governi europei, il Lussemburgo ha di recente annunciato la riduzione nel 2018 dell'imposta sul reddito per le imprese fino al 18%.
Curacao. Poco conosciuto tra le bellezze dei Caraibi, Curacao è una meta turistica spettacolare con acque turchesi, barriera corallina e spiagge incontaminate. Oltre ai turisti attrae anche le grandi compagnie in cerca di vantaggiosi accordi fiscali. I generosi incentivi di Curacao, il trattato fiscale con i Paesi Bassi, e la riluttanza a partecipare al processo di riforma della fiscalità internazionale finalizzato a contrastare gli abusi fiscali, fanno guadagnare all'isola l'ottavo posto nella classifica.
Hong Kong. Il centro finanziario asiatico concede aliquote fiscali vantaggiose per le imprese, incentivi fiscali. Alle spalle ha una storia di scarsa collaborazione internazionale per quanto riguarda il contrasto agli abusi fiscali delle corporation.
Cipro. Con un'aliquota per le compagnie del 12,5%, Cipro ha un'imposta sui redditi d'impresa tra le più basse in Europa. Inoltre offre vari incentivi fiscali alle società che si affacciano sull'isola.
Bahamas. Zero è l'imposta sul reddito d'impresa e zero è l'aliquota sulla ritenuta alla fonte relativa al pagamento di interessi, dividendi e royalties. Le Bahamas attraggono clienti da tutto il mondo, inclusi quelli dell'Estremo Oriente. Il recente scandalo Bahamas Leaks ha trascinato l'arcipelago al centro dell'attenzione dei media internazionali.
Jersey. Localizzata nelle acque costiere del nord della Francia, l'Isola di Jersey è una delle Dipendenze della Corona britannica e compare al dodicesimo posto nella classifica. Con un'imposta sul reddito d'impresa dello 0% e nessuna ritenuta alla fonte per il pagamento di interessi e dividendi agli azionisti di compagnie offshore, Jersey è una delle mete preferite dalle grandi società in cerca di un posto dove trasferire i loro profitti.
Barbados. Sono una delle destinazioni scelte dalle compagnie che producono oro grazie alle basse aliquote fiscali e agli allettanti incentivi. Le aliquote sugli utili delle società offshore oscillano tra l'1 e il 2%.
Mauritius. Gli investimenti stranieri nell'isola equivalgono a 50 volte il suo Pil. Le Mauritius attraggono compagnie straniere grazie alla bassa aliquota fiscale sui redditi d'impresa (15%, che scende però fino al 3% per alcune compagnie), e adempiono in ritardo agli impegni internazionali sulla trasparenza fiscale.
Isole Vergini britanniche. Sono un altro territorio britannico d'oltremare e contano 462mila società registrate a fronte di una popolazione di appena 27mila abitanti. Oltre la metà delle società coinvolte nello scandalo dei Panama Papers erano registrate qui. Si guadagnano un posto nella classifica di Oxfam grazie alle tasse inesistenti per le multinazionali e per la ridotta partecipazione alle iniziative internazionali sulla trasparenza fiscale. Solo recentemente hanno istituito un registro dei beneficiari effettivi delle società, ma si rifiutano di renderlo pubblico nonostante la pressione del governo britannico e della comunità internazionale.
«I paradisi fiscali aiutano le multinazionali a sottrarre risorse alle casse degli Stati, contribuendo a generare e rafforzare sistemi economici fondati sulla disuguaglianza - afferma Elisa Bacciotti, direttrice delle Campagne di Oxfam Italia -. In questa prospettiva si lasciano milioni di persone senza speranza per un futuro migliore».
L'elusione fiscale delle multinazionali - è il calcolo di Oxfam - costa ai paesi più poveri almeno 100 miliardi di dollari ogni anno, una cifra sufficiente a mandare a scuola 124 milioni di ragazzi e a coprire le spese sanitarie per salvare la vita di 6 milioni di bambini. Il ricorso a pratiche fiscali nocive per attrare investimenti è ampiamente diffuso in molti Paesi del mondo: tra i paesi del G20, per esempio, l'aliquota sui redditi d'impresa è scesa dal 40% di 25 anni fa a meno del 30% di oggi.
«Non ci sono vincitori nella corsa al ribasso sulla tassazione dei profitti delle grandi imprese. A rimetterci sono le piccole e medie imprese nazionali e i cittadini, soprattutto i più poveri, tanto nelle nostre economie avanzate quanto in quelle dei paesi in via di sviluppo, che pagano più tasse e non hanno accesso a servizi essenziali come istruzione e sanità - aggiunge Bacciotti -. I governi devono collaborare e trovare il modo per fermare questa insana corsa al ribasso, assicurando che le imprese multinazionali paghino la loro giusta quota di tasse laddove conducono le proprie attività e creano valore».
© Riproduzione riservata

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