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I pericoli dei troppi giri di valzer sul Bosforo

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l’analisi

I pericoli dei troppi giri di valzer sul Bosforo

(Afp)
(Afp)

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan assomiglia a un “free rider” della politica estera, un politico che ha un atteggiamento opportunista ed avventurista nei confronti delle alleanze che stringe e rompe a seconda delle necessità tattiche del momento. Ieri a Mosca il suo ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha firmato, unico Paese della Nato, un patto con Mosca e Teheran sul futuro della Siria, creando più di un imbarazzo nelle cancellerie occidentali.

I portavoce del governo turco fino a ieri hanno accusato gli Stati Uniti di aver protetto Fetullah Gulen, il predicatore islamico ritenuto il regista occulto del fallito golpe di luglio, e ora puntano il dito contro gli europei colpevoli, a loro dire, di fornire armi ai separatisti curdi del Pkk. Soffiare sul fuoco dell’anti-americanismo ed europeismo non è una tattica produttiva perché prima o poi il fuoco si propaga anche dove gli stessi apprendisti stregoni non avrebbero voluto.

I frenetici giri di valzer della diplomazia sul Bosforo si sono fatti vorticosi anche per gli standard di un Paese levantino come la Turchia. Mosca e Ankara hanno ricucito i rapporti la scorsa estate dopo la clamorosa rottura delle relazioni diplomatiche a seguito dell’abbattimento il 24 novembre dello scorso anno di un jet russo da parte delle forze turche al confine con la Siria. L’incontro del 9 agosto a San Pietroburgo tra Vladimir Putin e il presidente Recep Tayyip Erdogan ha sancito il riavvicinamento tra Mosca e Ankara, che negli ultimi giorni hanno lavorato insieme per le operazioni di evacuazione di Aleppo, nonostante dal 2011 siano su posizioni opposte riguardo il sanguinoso conflitto in Siria. Russia e Iran sono tra i principali alleati del leader siriano Bashar al-Assad mentre il presidente turco Erdogan aveva scommesso sulla sua sconfitta. Poi, trovatosi isolato, Erdogan ha deciso per il repentino cambio di rotta a favore di una rinnovata alleanza con Putin, il partner forte di questa intesa, mentre davanti alla ambasciata russa di Ankara continuavano le proteste dei gruppi turchi più intransigenti.

I russi hanno rilanciato il progetto del Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe trasformare la Turchia in un hub energetico di gas russo di primaria importanza per l’Europa. Non solo. Ieri Binali Yildirim il premier della sedicesima potenza economica del pianeta, ha inaugurato il tunnel Eurasia, la prima galleria autostradale sotto il Bosforo che collega la sponda asiatica di Istanbul con la penisola storica del Corno d’Oro. Eppure Ankara ha deciso di continuare con le purghe di massa a caccia di seguaci di Gulen con il rischio di destabilizzare gli organi di sicurezza che, infatti, non riescono a proteggere nemmeno l’ambasciatore russo, il rappresentante dell’alleato più potente del momento. Un episodio su cui riflettere visto che un poliziotto turco, con tracce di passati legami islamisti, ha potuto passare indisturbato i controlli di sicurezza.

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