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Merkel: grazie Italia, la lotta non è finita

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Merkel: grazie Italia, la lotta non è finita

«Siamo più sereni, perché abbiamo risolto la prima fase della lotta al terrorismo». Non sono solo formali i ringraziamenti all’Italia della cancelliera Angela Merkel per l’uccisione di Anis Amri, sospettato della strage nel mercatino di Natale di Berlino. «La lotta non è finita - ha però subito aggiunto il capo del Governo tedesco - faremo tutto il possibile per garantire la sicurezza della Germania e dell’Europa».

Per Merkel quello italiano è stato quindi un «grande successo», pur ricordando tutti i caduti nell’attentato - per i quali ha espresso «cordoglio e vicinanza» - e in particolare «la giovane italiana rimasta vittima, e questo ci rattrista moltissimo».

L’uccisione di Anis Amri è comunque solo una prima fase, ha detto Merkel. Le indagini «andranno avanti per arrivare alle origini di questo attentato»: occorre ricostruire «il percorso del presunto attentatore» e gli eventuali complici e sostenitori che l’hanno aiutato.

Lo sforzo, secondo Merkel, va sicuramente al di là del caso di Amri. Il «terrorismo islamista e gli attentati sono una sfida per noi. Il governo federale ha aggiornato le proprie leggi a tutela della sicurezza e dovremo in futuro prevedere modifiche alla normativa per garantire ancora maggiore sicurezza». La cancelliera ha anche raccontato il colloquio telefonico avuto con il presidente della Tunisia Beji Caid Essebsi, al quale avrebbe comunicato che «i procedimenti di rimpatrio dei tunisini che non hanno diritto di restare in Germania devono essere accelerati e che il numero degli espulsi deve aumentare chiaramente». Amri non venne infatti espulso né dall’Italia né dalla Germania perché la Tunisia non lo riconosceva come connazionale: i documenti richiesti al paese nordafricano sono arrivati a Berlino solo mercoledì.

Anche il ministro degli Interni Thomas de Maizière, pur ammettendo di essere «molto sollevato che da questo attentatore non possano più derivare pericoli», ha sostenuto che la «situazione della minaccia terroristica non è cambiata» dopo l’uccisione di Amri. «La minaccia resta alta, le autorità in allerta. Il successo della caccia non conclude le indagini », ha aggiunto: occorre «scoprire la rete ed eventuali persone in contatto e connesse». De Maizière ha anche ammesso che occorre «una legge più severa nei riguardi di coloro che devono essere espulsi dal Paese».

Ringraziamenti all’Italia sono anche arrivati dalla polizia di Berlino con un tweet in italiano. «Grazie e pronta guarigione ai colleghi feriti», seguito dalla versione in tedesco (che precisa: dice «Grazie per l’aiuto»). Gli inquirenti sono in contatto con le autorità italiane, ha spiegato il procuratore generale federale Peter Frank, anche per sapere come l’attentatore sia riuscito a scappare dalla Germania e se l’arma usata per colpire il poliziotto italiano - una calibro 22 di fabbricazione tedesca - è la stessa con cui è stato ucciso il camionista polacco Ukasz Urban lunedì. Anche in quel caso si è parlato di un’arma di piccolo calibro.

Si indaga inoltre sugli ambienti radicali frequentati da Amri: è possibile, secondo il capo della polizia federale tedesca Holger Muench, che sia stato legato all’imam radicale Abu Walaa, arrestato in Germania a novembre. Secondo una fonte di Rabat, il Marocco aveva avvertito la Germania sulle inclinazioni jihadiste di Amri a settembre e a ottobre. Per mesi Amri è stato infatti controllato dalla polizia tedesca, un fatto sul quale la Merkel ha annunciato un’inchiesta.

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