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Con la Ue due partite intrecciate sul debito

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Con la Ue due partite intrecciate sul debito

Dall’interpretazione “flessibile” della disciplina di bilancio europea, alla direttiva sulle banche per applicare parte del “burden sharing” in alternativa al bail-in. È uno vero e proprio slalom tra le regole europee, quello che ha visto protagonista il nostro Paese da due anni a questa parte.

Con diversi distinguo, che su entrambi i fronti evidenziano non poche resistenze da parte dei partner più rigoristi (Germania in testa). Il risultato sarà un probabile via libera “politico” da parte di Bruxelles ai due dossier (legge di bilancio e decreto salva banche), accompagnato da un monitoraggio minuzioso e non privo di incognite in tutta la fase di applicazione dei due provvedimenti. Tanto più che entrambe le operazioni vanno a impattare sul debito, soprattutto nella ricapitalizzazione di Mps.

Per quel che riguarda i conti pubblici, si è fatto ricorso a quasi tutto lo spazio reso disponibile dalla Comunicazione sulla flessibilità del gennaio 2015, uno dei primi atti a prevalente valenza politica della Commissione guidata da Jean Claude Juncker. Sono state invocate dapprima le “circostanze eccezionali” in caso di prolungata fase recessiva, poi le clausole su riforme e investimenti, cui si è aggiunta la variabile “sicurezza/migranti” e infine il terremoto che ha colpito l’Italia centrale.

Un margine di 19 miliardi ottenuto nel 2015-2016, cui si aggiungono i 12 miliardi previsti dalla manovra di bilancio del 2017, tuttora in attesa del via libera definitivo da parte di Bruxelles (se ne parlerà in marzo). Un approccio meno ragionieristico e più politico ha aperto la strada a un’interpretazione “estensiva” dell’ambito di azione coperto dalle circostanze eccezionali, riconosciuto dalla Commissione da ultimo per le spese destinate all’assistenza e alla ricostruzione nelle zone terremotate. Resta in piedi l’obiezione di fondo, che ha motivato la momentanea sospensione del giudizio per il mancato rispetto degli impegni assunti in primavera dal governo Renzi: nessuna riduzione del debito e deficit strutturale in aumento dall’1,2 all’1,6%, a fronte della richiesta a ridurlo dello 0,6 per cento. Il confronto è in corso, e non è escluso che nel corso del 2017 il governo Gentiloni debba farvi fronte con una correzione in corso d’opera.

Quanto alle regole sul salvataggio delle banche, il decreto del 22 dicembre si muove in punta di penna nell’ambito delle fattispecie contemplate dalla direttiva sulla Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD). L’intervento dello Stato acquisisce la forma della «ricapitalizzazione precauzionale», punta ad escludere che scatti il «bail in» e fa ricorso al burden sharing, vale a dire alla condivisione dei rischi a tutela dei risparmiatori attraverso il ristoro “pieno” per il retail. A garanzia dell’intero sistema del credito, si è scelta la strada del fondo da 20 miliardi che va ad impattare sul debito pubblico, ma che secondo l’interpretazione fornita dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, avendo appunto carattere «limitato e temporaneo» non va ad incidere sui saldi strutturali. Uno slalom a dir poco impegnativo, da condurre con molta attenzione da qui alle prossime settimane. Ci si muove su un terreno scivoloso, e non a caso il presidente dell’eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha ricordato che prima di attivare l’intervento statale si dovrebbe passare dal bail-in. Aspetti controversi come non mancò di rilevare il presidente della Bce, Mario Draghi, nella lettera inviata all’allora commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia nel luglio 2013: con l’unione bancaria ancora in fieri (manca la gamba fondamentale della garanzia europea sui depositi) coinvolgere nelle perdite i creditori subordinati potrebbe generare una fuga dal mercato e un’ulteriore stretta del credito. Cruciale – ribadì Draghi - è l’impegno dei Paesi dell’eurozona a mobilitare risorse pubbliche in caso i capitali privati non siano sufficienti. Nel caso delle «ricapitalizzazioni preventive» con fondi pubblici che impongono perdite ai detentori di debito bancario subordinato, questi ultimi dovrebbero essere esclusi soprattutto se si tratta di istituti solventi con esigenze temporanee evidenziate dagli stress test. Il commissario rispose offrendo la disponibilità a esaminare le situazioni «caso per caso».

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