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«Cessate il fuoco in tutta la Siria»

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«Cessate il fuoco in tutta la Siria»

  • –Antonella Scott

Per la prima volta dopo cinque anni di guerra, oltre 400mila morti e milioni di profughi, la Siria e il suo popolo intravedono una tregua, in passato più volte annunciata e mai rispettata. Russia e Turchia, afferma l’agenzia turca Anadolu, avrebbero concordato un piano per estendere il cessate il fuoco di Aleppo a tutta la Siria, già a partire dalla mezzanotte di ieri, coprendo le zone di combattimento tra le forze governative di Bashar Assad e i ribelli dell’opposizione, ma escludendo le organizzazioni terroristiche come lo Stato Islamico.

Non è ancora chiaro quindi che cosa accadrà delle milizie jihadiste affiliate ad al-Qaida, concentrate a Idlib. Secondo Anadolu, Ankara e Mosca hanno raggiunto l’intesa con il governo di Damasco e i gruppi di opposizione. Affermazioni su cui il Cremlino prende tempo: «Non posso rispondere - ha detto il portavoce Dmitrij Peskov a chi gli chiedeva un commento -. Non ho informazioni sufficienti. Siamo costantemente in contatto con i colleghi turchi per discutere vari dettagli sui possibili negoziati». E tuttavia il ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, ne ha parlato ieri al telefono con Staffan De Mistura, l’inviato speciale dell’Onu per la Siria che ha dato il proprio appoggio al piano: una prima realizzazione delle intese raggiunte a Mosca il 20 dicembre scorso, quando Lavrov e i ministri degli Esteri di Turchia e Iran - Mevlut Cavusoglu e Javad Zarif - hanno adottato la “Dichiarazione di Mosca” dando il vita a una “trojka” che si è impegnata a trovare una soluzione politica alla crisi siriana.

In base alla Dichiarazione, se l’accordo verrà confermato e reggerà, dopo la prima fase del cessate il fuoco il regime siriano e l’opposizione passeranno a metà gennaio a negoziati politici che il Kazakhstan si è offerto di ospitare ad Astana, sotto la tutela di Turchia e Russia. Tra i numerosi interrogativi aperti quello del ruolo dell’Iran sciita, alleato storico di Damasco, che attraverso questa intesa ottiene il consenso da parte di una grande potenza sunnita come la Turchia al mantenimento di Assad al potere. Secondo i primi dettagli della “Dichiarazione di Mosca” che trapelano, proprio sul ruolo di Assad si gioca il compromesso tra attori che fino a ieri stavano su posizioni opposte.

In primo luogo la Turchia, Paese membro della Nato, ha completamente ribaltato la sua politica siriana: dopo essersi scontrata con Mosca per l’abbattimento di un caccia russo, nel novembre 2015, ha dovuto accettare una riconciliazione che, grazie all’intervento di Ankara presso i ribelli sunniti, ha permesso alle truppe di Damasco e alle milizie sciite di riprendersi Aleppo. Una conquista strategica «che senza di noi - ha però chiarito Vladimir Putin nella grande conferenza stampa prima di Natale - non sarebbe stata possibile».

Per cinque anni invece il presidente turco, Recep Tayyep Erdogan, aveva sostenuto insieme alla monarchie del Golfo e agli Stati Uniti che Assad se ne doveva andare, appoggiando le milizie jihadiste e lasciando che l’Isis attaccasse le truppe dei curdi siriani osteggiati da Ankara. Ora Erdogan, cui sicuramente non manca la faccia tosta, attacca gli Usa affermando di avere le prove che la coalizione a guida americana ha fornito sostegno a gruppi terroristi in Siria tra i quali l’Isis. Quanto ad Assad, il piano della “trojka” - mantenimento dell’integrità territoriale siriana ma spartizione regionale in zone informali di influenza - metterebbe in qualche modo il presidente siriano in “gestione controllata” da Mosca, Ankara e Teheran. Fino a un possibile passaggio di consegne a un nuovo presidente, sempre del fronte alawita ma meno controverso.

In questa prima fase del piano la “trojka” lascia ai margini gli Stati Uniti, così come le potenze europee: ma se Putin appare intenzionato a giocare il ruolo di primo attore, la “roadmap” per la Siria prevede un coinvolgimento graduale, da Astana in poi, di americani, europei e le potenze del Golfo. La loro disponibilità, accanto a quella dell’opposizione, è tra le principali incognite sulla strada della tregua. In ogni caso la guerra al Califfato continuerà a Raqqa, e in altre zone della Siria. Il cessate il fuoco non significa quindi la fine del conflitto, ma il tentativo di Russia e Turchia di congelare la guerra in alcune zone strategiche sulla direttiva Aleppo-Damasco. La verifica sul campo avverrà nel momento in cui si dovranno evitare altre tragedie umanitarie e portare soccorso ai civili.

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