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Russia-Occidente, il vero rischio è che Putin voglia stravincere

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LA STRATEGIA DI MOSCA

Russia-Occidente, il vero rischio è che Putin voglia stravincere

La guerra con la Russia scoppierà a metà maggio del 2017. Dopo averne sollevato la minoranza russofona e scatenato un cyber-attack, i russi occuperanno Lettonia, Lituania ed Estonia. Timorosa di scatenare la terza guerra mondiale, la Nato metterà in discussione l’articolo 5, la ragion d’essere dell’Alleanza, che prevede l’intervento militare al fianco di un membro aggredito.

La mancanza di risolutezza occidentale sarà l’arma più efficace dei russi. La buona notizia è che si tratta di un romanzo. La cattiva è che “War with Russia” l’ha scritto sir Richard Shirreff, il generale britannico che fino al marzo 2014 era il vice comandante supremo della Nato, mentre la Russia annetteva la Crimea. Se un ufficiale di quel livello scrive un romanzo di guerra, delle due l’una: è un megalomane o sa qualcosa che noi mortali non conosciamo.

In un certo senso le prove condivise dall’intelligence a Washington fanno sospettare che l’intervento sulle elezioni americane sia stato il tassello di un “grand design” putiniano. Nell’indicazione di un possibile campo di battaglia, il generale inglese forse non sbaglia. Non è il Medio Oriente dove capiremo se gli Usa di Trump e la Russia di Putin saranno avversari o alleati e che genere di alleati: laggiù i russi hanno già vinto, per ora. Il banco di prova sono l’Ucraina e il Baltico. «Resisteremo», dice la presidente lituana Dalia Grybauskaité: il suo popolo, spiega, non subirà un’altra invasione russa come nel 1939. Come se desse per scontata l’imminenza del pericolo. Ora ai banchi di prova possiamo aggiungere l’Europa occidentale con le sue scadenze elettorali.

Dopo aver sfruttato il beneficio del dubbio concessogli dagli avversari, nella scelta della sua squadra Trump ha dimostrato di non essere il Robin Hood che prometteva di «prosciugare la palude di Washington», ma lo sceriffo di Nottingham che riempie la sua corte di milionari e generali. Tuttavia c’è una cosa che potrebbe dare al mondo che così poco si fida di lui: un’alleanza strategica con la Russia. Dal 20 gennaio i comportamenti della politica estera americana forse non dipenderanno da quanto grandi siano gli arsenali degli altri ma dalle 150 imprese dell’impero Trump che operano in 25 Paesi. Russia compresa.

L’Europa ne sarebbe estasiata. Prorogando di altri sei mesi le sanzioni a Mosca, italiani, tedeschi, francesi, greci e altri hanno fatto il minimo sindacale: in realtà non vedono l’ora di cancellarle. François Fillon, il probabile prossimo presidente francese, si è già dichiarato amico della Russia. Una “nuova Yalta” che riconosca a Mosca la versione contemporanea di una sfera d’influenza su parte d’Europa, non è più fantapolitica. Al resto ci penserà Putin: se è intervenuto a suo modo nella campagna elettorale Usa, non si capisce perché non dovrebbe farlo alle prossime in Olanda, Francia, Italia e Germania.

Vladimir Putin ha davanti a sé un futuro brillante. L’unico che lo può vanificare è Vladimir Putin. A chi gli chiedeva dove la Russia volesse arrivare dopo i successi in Siria, Serghej Lavrov aveva risposto: «Basta leggere la storia russa». Chiunque l’abbia fatto non può che essere preoccupato. Questo è il pericolo 2017 per il mondo e per la stessa Russia: che Putin non si accontenti di vincere ma voglia strafare, mettendo per esempio alla prova la volontà occidentale di onorare l’articolo 5 della Nato o pensando non esista elezione che non possa influenzare. Commetterebbe un errore. O forse scoprirebbe di avere avuto ragione. Perché nulla è ormai prevedibile da quando, a novembre, è stato eletto Trump.

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