
Il presidente russo Vladimir Putin ha «personalmente ordinato una campagna di hacking e di disinformazione» con l’obiettivo di influenzare la campagna presidenziale degli Stati Uniti e di orientare la «preferenza» dell’elettorato su Donald Trump. Il durissimo atto d’accusa nei confronti del Cremlino arriva dalle agenzie di intelligence degli Stati Uniti ed è stato messo nero su bianco in un rapporto consegnato al presidente uscente Obama e quindi a Trump. Concordi tutte le agenzie, Cia e l'Fbi e Nsa.
A Trump il report è stato consegnato durante un incontro con i vertici delle agenzie, al termine del quale ha detto di avere «un enorme rispetto per il lavoro e il servizio svolto dagli uomini e dalle donne di questa comunità per la nostra grande nazione» ma di non approvare esplicitamente le loro conclusioni.
Donald Trump è infatti passato alla controffensiva . Il futuro presidente, ricevuto il briefing sulle prove dell’aggressione di Mosca e dopo la pubblicazione nella serata di ieri della versione non classificata del rapporto di intelligence sul Cremlino, ha riconosciuto l’esistenza delle manovre degli hacker orchestrate da Vladimir Putin. Ma ha dichiarato che non hanno condizionato i risultati delle urne e ha denunciato una “caccia alle streghe” condotta dai suoi avversari politici per delegittimare la sua vittoria.
«Sono stati sconfitti duramente alle elezioni - ha detto al New York Times - ho vinto più contee di Ronald Reagan e sono estremamente imbarazzati da questo risultato. Così si concentrano su questo». E ha aggiunto: «La Cina ha violato venti milioni di account governativi», un riferimento all’hacking dell’Ufficio del personale federale nel 2014 e 2015. «Perché nessuno ne parla?». Trump, che ha vinto la maggioranza dei grandi elettori, ha però perso il voto popolare di quasi tre milioni di schede e il conto alla rovescia verso la sua inaugurazione il 20 gennaio è stato segnato da polemiche sulle sue controverse posizioni, tra cui la vicinanza alla Russia.
L’ultima presa di posizione è arrivata mentre è uscito il contenuto non coperto da “top secret” del documento preparato dai Servizi segreti su ordine di Barack Obama e che è stato presentato nel pomeriggio anche a Trump dal direttore della National Intelligence James Clipper e da quello dell’Fbi James Comey. Due versioni più complete, in tutto oltre 50 pagine, restano protette dal segreto. Il documento ha confermato indiscrezioni rivelate dal Washington Post e dalla Nbc: Putin, si legge nel documento, «ha ordinato nel 2016 una campagna di influenza rivolta alle elezioni presidenziali statunitensi», con l’obiettivo di «denigrare» Hillary Clinton, renderla «non eleggibile» o «danneggiare una sua presidenza» e di sviluppare «una chiara preferenza per il presidente eletto Trump». Le armi cibernetica utilizzate sono andate dai “trolls”, utenti artificiali su Internet, alle «false notizie». I Servizi concludono che l’intelligence militare di Mosca GRU ha in particolare creato Guccifer 2.0, «l’autore» dei furti informatici ai danni dei democratici, e il sito DCLeaks.com. Cia, Nsa e le altre agenzie considerano l’operazione nell’insieme una «significativa escalation» degli sforzi russi di «minare l’ordine liberal-democratico guidato dagli Stati Uniti».
Secondo indiscrezioni del Washington Post, ci sono intercettazioni su celebrazioni entusiaste di alti funzionari russi alla notizia che Trump aveva conquistato la Casa Bianca e l’identificazione di specifici «attori» coinvolti nel passaggio di informazioni sottratte ai democratici a WikiLeaks che poi le ha diffuse. «I russi si sono dichiarati soddisfatti di quanto accaduto l’8 novembre e si sono mostrati decisamente contenti di quanto avevano fatto», ha detto un funzionario senior al Post. Un’altra fonte ha rivelato a Nbc che le intercettazioni evidenziano il ruolo del «governo russo nelle fasi di pianificazione e direzione della campagna». I Servizi statunitensi, tuttavia, non traggono conclusioni sull’efficacia della strategia russa.
Trump, per superare le ombre dello scandalo, ha ieri anche assicurato di essere preoccupato per gli atti di pirateria informatica ai danni delle istituzioni del Paese. «Siamo la capitale dell’hackeraggio», ha detto. E ha aggiunto che intende lavorare produttivamente con l’intelligence sotto la nuova leadership che ha nominato, Dean Coats quale direttore della National Intelligence e Mike Pompeo alla Cia. Parlando del briefing appena ricevuto, lo ha definito «costruttivo» e ha espresso ammirazione per gli agenti dell’apparato di intelligence, che di recente aveva promesso di riformare.
Il presidente eletto è stato tuttavia colpito dalla defezione di un consigliere, l’ex direttore della Cia James Woolsey, e da accuse alla Russia mosse dal Segretario alla Difesa uscente, Ash Carter, che ha sostenuto come Mosca non abbia fatto nulla per sconfiggere Isis in Siria e stia invece «apertamente danneggiando» gli Stati Uniti. In politica estera ha infine ammesso che per costruire un muro anti-immigrati alla frontiera con il Messico dovrà chiedere fondi al Congresso, non ai messicani.
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