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Eroe o traditore? Un libro smaschera le ombre russe di Edward Snowden

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PARLA L’AUTORE

Eroe o traditore? Un libro smaschera le ombre russe di Edward Snowden

Edward Snowden
Edward Snowden

In quest’ultimo weekend dell’Amministrazione Obama, l’America è consumata da un dibattito fra innocentisti e colpevolisti: Edward Snowden è un eroe o un traditore?

Nel 2013 Snowden rivelò al mondo i segreti dell’Nsa. A Mosca, dove è rifugiato ormai dal 2013 sotto la diretta protezione di Vladimir Putin, Snowden spera che Barack Obama possa concedergli un “perdono presidenziale” nei prossimi giorni per le sue attività di “whistleblower” per aver cioè dato al pubblico, nell’interesse del Paese, segreti di Stato che hanno messo a nudo violazioni costituzionali. Ci sono campagne multiple a suo favore, lettere, pressioni, c’è stato il film di Oliver Stone e un documentario che ha vinto un Oscar. Ma c’è anche un libro, che uscirà martedì e ha rubato la scena: «How America Lost Its Secrets, Edward Snowden, the Man and the Theft» di Edward Jay Epstein, uno dei più celebri e rispettati scrittori investigativi americani.

Una catena di bugie
La conclusione? Snowden ha mentito più volte, la sua versione dei fatti fa acqua da ogni parte e indizi raccolti da Epstein fra Hong Kong, Mosca, Washington, New York e Londra provano che Snowden sapeva che sarebbe finito in Russia dove, oltre agli 85mila documenti rivelati al pubblico, ha portato in dote 1,5 milioni di segreti aggiuntivi inclusi segreti crittografici che hanno disarmato la cortina di protezione americana anche da attacchi terroristici. Il danno che ha provocato Snowden insomma è molto più grave delle possibili attività di intercettazione condotte dalla Nsa per proteggere gli americani dal terrorismo, le ramificazioni si allargano alle operazioni di hackeraggio sui democratici e alla vulnerabilità dei server aziendali, fino ai rischi per centrali elettriche.

Per dare un’idea della dimensione del dibattito attorno a questo libro, l’inserto libri del New York Times di oggi dedica la sua copertina all’opera di Epstein, lo apprezza per le novità ma esprime dubbi sulla concretezza di certe prove. L’Economist invece ha pubblicato tre giorni fa un resoconto acclamatorio: «Epstein è prudente nel giudicare se Snowden operava da solo o sotto il controllo dei servizi russi. Di certo dopo la lettura di questo libro sarà difficile credere alla favola holliwoodiana sull’altruismo e la grandezza di Snowden».

Altri media e scrittori in possesso di copie per recensioni sono intervenuti ora elogiando Epstein ora difendenso Snowden a oltranza. Il Sole 24 Ore ha avuto una copia del libro. È molto leggibile e denso di dettagli. Le accuse del New York Times sulla mancanza di prove sembrano eccessive in quanto Epstein dà informazioni fattuali molto circostanziate e verificabili (date sul passaporto, soggiorni in alberghi, colloqui). Lo stesso Epstein si astiene da un giudizio finale ed esclude che Hillary, per cui ha votato, abbia perso per colpa dell’hackeraggio russo: «Ha perso perché ha fatto una pessima campagna negli stati chiave e perché era debole in partenza», spiega in un’intervista esclusiva concessa al Sole 24 Ore. Ma Epstein spiega perché, secondo lui, un perdono presidenziale sarebbe inopportuno: «Si può perdonare una persona che si è presentata alla giustizia e che è stata condannata. Non credo che Obama possa perdonare un latitante accusato di aver tradito la fiducia del Paese».

“Snowden ha perpetrato il più grande furto di segreti della storia americana. Curioso che attorno a questo furto ci sia una percezione positiva, ho cercato di dimostrare che questa percezione positiva poggia su una serie di menzogne”

Edward Jay Epstein, autore di «How America Lost Its Secrets, Edward Snowden, the Man and the Theft» 

Poi, parlando delle posizioni spesso “ideologiche” ora degli innocentisti ora dei colpevolisti e della “vaghezza” di certi fatti, dice: «Un fatto certo c’è: Snowden ha perpetrato il più grande furto di segreti dell’intelligence della storia americana. È curioso che attorno a questo furto ci sia una percezione positiva, succede perché si ascolta solo la versione di Snowden. Nel mio libro ho cercato di dimostrare che questa percezione positiva poggia su una serie di menzogne».

Il libro evidenzia una serie di incongruenze. Ad esempio la scena inziale del film di Stone apre con Snowden appena arruolato che si rompe le gambe in un’esercitazione. Fatto che lo porta poi all’uscita dell’esercito. Ma Epstein ha verificato che Snowden non si è mai rotto le gambe e fu piuttosto allontanato dalle forze armate per comportamento inadeguato. Anche per questo Snowden (il cui nonno era nelle alte sfere del Pentagono) avrebbe covato «rancori e avrebbe messo a punto il suo piano anche per rivalsa personale».

Non tutti i documenti sono stati resi pubblici
Epstein spiega quali sono le menzogne chiave: «Ovvio che se Snowden ha raccontato delle menzogne, queste si ripresentano tanto nel film di Oliver Stone quanto nel resto della narrativa che conoscevamo fino ad oggi su di lui. Ma ecco le menzogne. La prima: dice di aver sottratto esclusivamente documenti che ha poi consegnato ai giornalisti. È una bugia, ha rubato 1,5 milioni di documenti. La seconda menzogna è che gli Stati Uniti avrebbero sospeso il suo passaporto mentre era in volo verso la Russia. Per questo sarebbe rimasto bloccato a Mosca. Ma il suo passaporto è stato sospeso prima che lasciasse Hong Kong. Gli Stati Uniti volevano proprio evitare che andasse in Russia, per tenerlo a Hong Kong. Snowden è riuscito lo stesso ad andare in Russia grazie ad un aereo che è stato autorizzato direttamente da Putin in persona. La terza menzogna è quella di non aver portato alcun documento in Russia, ma Snowden ha portato con se informazioni di primaria importanza per l’Nsa. La Russia è entrata in possesso di questi segreti, e gli stessi servizi russi erano in contatto con Snowden sin dal suo arrivo, e almeno fino al dicembre di quest’anno. Queste sono le menzogne più serie». Epstein dice che grazie a Snowden la Russia è stata in grado di intraprendere programmi molto più aggressivi, tra cui appunto il recente programma di hackeraggio contro i democratici che ha provocato nuove sanzioni dell’ultima ora di Obama «perché nel 2013, dopo che Snowden ha rivelato i nostri segreti, siamo diventati ciechi. In altre parole: l’hackeraggio diventa quasi un problema di secondo piano se lo si paragona alla possibilità di infiltrarsi nei computer della difesa e venire a conoscenza dei movimenti dell’intelligence e di altre informazioni simili».

Tornando alla questione centrale delle sue prove Epstein dice: «Non ho mai cercato di provare nulla al di là di quello che sto dicendo. La ma prova, a parte i fatti davanti a noi? È nel rapporto di un Comitato della Camera che sovrintende a tutte le agenzie di intelligence. Ha investito 25 mesi per ascoltare tutte le agenzie coinvolte e ha poi affermato questo: 1) Snowden è un bugiardo seriale; 2) 1,5 milioni di documenti sono stati trafugati; 3) Snowden è stato in contatto con l’intelligence russa dal giorno in cui è arrivato a Mosca fino ad oggi, o almeno fino al 22 dicembre, quando hanno rilasciato il rapporto. Vogliamo davvero parlare di prove? Non ci sono dubbi che sia andato a Mosca, che abbia rubato i documenti e che sia in contatto con i russi. Questi sono fatti». C’è una morale? «Sì - dice - la privatizzazione reaganiana di alcuni servizi di appoggio per il nostro controspionaggio è stato un errore chiave. Le riforme dovrebbero restituire piena autonomia e potere esclusivo alle agenzie governative. Snowden, non dimentichiamolo, lavorava per Booze Allen, non per il governo americano».

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