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Calenda: rete a tre con la Francia sulle politiche industriali

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Il summit

Calenda: rete a tre con la Francia sulle politiche industriali

Carlo Calenda
Carlo Calenda

Se l’istituzione Europa è troppo debole per rispondere all’ondata populista tocca ai singoli Paesi farsi carico di alzare le difese. A Berlino l’Italia, con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, porta la proposta di rilanciare e cementare sinergie - non solo politiche - tra i grandi Paesi fondatori. «Propongo al collega Gabriel di estendere questa conferenza alla Francia a partire dal prossimo anno». Perché non è più tempo di farsi la guerra sulle debolezze altrui, vere o presunte, ma di valorizzare l’interesse comune a fronteggiare minacce esterne che si fanno sempre più visibili. La svolta isolazionista di Trump, le difficoltà sulla politica commerciale e i rapporti con la Cina che spinge per un’immeritata medaglia da economia di mercato, la tendenza a rafforzare i sistemi nazionali a scapito magari anche dei vicini di casa.

La volontà di Calenda di tirare dentro anche la Francia in questo nuovo asse di politica industriale si manifesta, forse non a caso, mentre le operazioni Vivendi-Mediaset, Fincantieri-Stx, Luxottica-Essilor hanno mostrato che le triangolazioni ad alti livelli finanziari sono sempre di più all’ordine del giorno, senza contare quelle che per ora sono voci sulle mire di Axa nei confronti di Generali. È quasi naturale che emerga la necessità di giocare alla pari, di rispettare il tanto decantato ideale della reciprocità, senza innescare guerre fratricide mentre oltre l’Atlantico si cambia passo nelle relazioni e il nemico rischia di diventare probabilmente un altro.

Calenda chiama a raccolta i tre Paesi perché si aiutino a vicenda, facciano rete, “sistema” si direbbe con un’espressione inflazionata. E da subito, perché il 2017 costellato di elezioni importanti sarà un anno molto complicato. «Ma non credo francamente che l’Europa almeno in questa fase sia in grado di dare risposte. Tocca ai Paesi europei combattere la battaglia per sconfiggere il populismo».

E in concreto, secondo il ministro italiano, vuol dire soprattutto due cose. Con Gabriel si è parlato di Industria 4.0, digitalizzazione, standard aperti e nuovi conseguenti equilibri da garantire nel mercato del lavoro. Ma con il ministro tedesco - spiega Calenda - si è lavorato anche su un altro punto. «Dobbiamo sapere che ci sono asset industriali che i nostri Paesi hanno e dobbiamo sapere che un conto è se si aggregano all’interno dell’Europa, se un’azienda italiana compra una tedesca e viceversa, un altro se imprese di Paesi non di mercato vengono qui e comprano un’azienda che ha un asset tecnologico importante che può essere spostato. Su questo noi dobbiamo poter avere una difesa più forte». Nel contempo, è l’auspicio, la rete a tre dovrebbe recuperare afflato sulla politica commerciale e il libero scambio. «Lavorando a un sistema di strumenti di difesa commerciale dai comportamenti scorretti - non di “protezione” - più forte, perché l’America rafforzerà ancora di più il suo».

La proposta dell’asse a tre Berlino-Roma-Parigi, formalizzata al collega Gabriel anche nel corso della colazione privata, è stata poi rilanciata dalla cancelliera Merkel nel suo intervento. Come si articolerà e con quale enfasi la Francia deciderà di aderire è ancora da vedere. Intanto l’Italia incassa una significativa apertura di Gabriel sulla centralità degli investimenti, per giunta con un excursus per certi versi sorprendente sul precedente tedesco. «Il nostro esempio - dice il ministro federale dell’Economia e dell’energia - è significativo: quando ci siamo trovati a lanciare le nostre riforme, a partire da Agenda 2010, fronteggiavamo una situazione di deficit ma se avessimo dovuto accettare una riduzione drastica degli investimenti non ce l’avremmo fatta. Invece abbiamo completato le riforme e dopo abbiamo ridotto il debito». Berlino, paradossalmente, docet.

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