Donald Trump lo aveva promesso e lo ha fatto: ha firmato nella notte italiana un ordine esecutivo che congela l’ingresso negli Stati Uniti di tutti i rifugiati e blocca l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette Paesi - Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. Il divieto di ingresso dei rifugiati da qualsiasi Paese di provenienza è in vigore per 4 mesi mentre per quelli siriani non ha scadenza. Lo stop ai cittadini dei sette Paesi islamici vale invece per tre mesi.
«L'ingresso di cittadini e rifugiati siriani» è «dannoso per gli interessi del Paese», scrive nel decreto Trump che ha chiesto al Pentagono e al Dipartimento di Stato un piano per creare «safe zone» dentro e intorno alla Siria per offrire protezione ai siriani che scappano dalla guerra.
In particolare l’ordine presidenziale che gli attivisti dei diritti civili considerano «discriminatorio» prevede:
- divieto di ingresso negli Usa per 90 giorni per i cittadini provenienti da certi Paesi che non sono menzionati, ma l’ordine si riferisce a sette Paesi a maggioranza musulmana: Siria, Iran, Sudan, Libia, Somalia, Yemen, Iraq. Eccezioni previste per i diplomatici all’Onu.
- il blocco temporaneo dà così tempo a ministero dell’Interno, dipartimento di stato e National Intelligence di stabilire di quali informazioni hanno bisogno da questi Paesi per poi concedere visti solo alle persone che non possono costituire una minaccia per la sicurezza nazionale.
- Screening più accurati per gli immigrati: l’ordine vuole far sì che vi sia una singola procedura con cui esaminare tutte le richieste. I controlli si faranno più pressanti: interviste, indagini, più ampi database con i documenti di identità e le richieste di ingresso.
- l’ordine blocca il Visa Interview Waiver Program che permette agli uffici consolari di esentare dalle interviste coloro che rinnovano il proprio visto entro l’anno di scadenza.
- divieto di ingresso per tutti i rifugiati per quattro mesi, un tempo in cui il governo può studiare una nuova procedura con cui stabilire se introdurre nuovi e più approfonditi controlli, ma sono previste eccezioni. Al termube del processo di revisione le minoranza religiose perseguitate avranno una corsia preferenziale: l’obiettivo è favore le comunità cristiane che vengono represse in certi Paesi.
Intanto si sono già registrati oggi i primi casi di persone in possesso di green card- il visto permanente di residenza che dura dieci anni - che non hanno potuto imbarcarsi su voli diretti per gli Stati Uniti. Alcuni cittadini - tra cui un interprete iracheno che ha lavorato per l’esercito americano in Iraq (poi rilasciato) e uno scienziato iraniano diretto a un centro di ricerca a Boston - sono rimasti bloccati in aeroporti americani.
La nuova uscita di Trump crea confusione ma soprattutto una ferita in un Paese multiconfessionale come l’America che sta sempre molto attenta a caratterizzare le persone in base all’orgine e a religione perché è su questa convivenza che si regge il Paese. Il presidente invece dice che fra i rifugiati siriani i cristiani perseguitati avranno la precedenza. Il New York Times sostiene che l’ordine esecutivo di Trump è «illegale» perché viola una legge americana del 1965 che vieta qualsiasi discriminazione contro gli immigranti basata sull'origine nazionale. Avvocati e gruppi per la difesa dei diritti umani stanno attivando azioni legali.
Reagisce il mondo politico e quello delle imprese. Google ha annunciato che 187 dei suoi dipendenti provengono da questi Paesi e invitato quelli che al momento si trovano all’estero a rientrare immediatamente prima che scatti l’ordine presidenziale. Il capo di Facebook, Mark Zuckerberg, si è detto «preoccupato» da questa decisione: «Abbiamo bisogno di mantenere questo Paese sicuro - ha scritto in un post - ma dobbiamo farlo concentrandoci solo sulle persone che rappresentano davvero una minaccia». Analoghe preoccupazioni sono giunte dai ministri degli Esteri di Francia e Germania e dalle organizzazioni umanitarie. Il ministero degli Esteri iraniano ha annunciato che attuerà «il principio di reciprocità» in risposta a una decisione definita «un affronto a tute le persone di questa grande nazione» e «un grande dono agli estremisti».
La Commissione Ue non commenta, ma una portavoce ricorda che il presidente
Juncker ha più volte ripetuto che «l'Europa è e rimane aperta a chi scappa dai conflitti o dal terrorismo, indipendentemente dalla loro religione».
L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) hanno espresso oggi il forte auspicio che «gli Stati Uniti continuino ad esercitare il loro forte ruolo di leadership» e a rispettare «la lunga tradizione di proteggere coloro che fuggono da conflitti e persecuzioni».
(Redazione online)
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