ROMA
Sul piano tecnico, il ventaglio delle possibili soluzioni per attuare l’aggiustamento da 3,4 miliardi dei nostri conti pubblici chiesto dalla commissione europea è pronto, e si concentra soprattutto sul lato delle entrate. Le ipotesi studiate in questi giorni spaziano da un ampliamento del reverse charge (da contrattare comunque a Bruxelles come mostra la bocciatura del 2015 sull’estensione dell’inversione contabile alla grande distribuzione) fino a un mini-ritocco dell’Iva, attivando una quota delle clausole di salvaguardia sospese fino a fine anno dalla legge di bilancio. Si risolverebbe in un aumento di entrate anche la riapertura del dossier eterno delle «tax expenditures», cioè la giungla delle detrazioni fiscali da razionalizzare, mentre sulla colonna delle spese è più complicato ipotizzare misure ad effetto immediato.
A mancare, però, è la decisione politica, senza la quale il lavoro sulle ipotesi rimane accademico. A definirla sarà fra oggi e domani un vertice fra il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in vista della lettera con la risposta italiana da spedire a Bruxelles entro mercoledì. L’inquilino di Palazzo Chigi e quello dell’Economia partono da un obiettivo comune, che rimane quello di non incappare in una procedura d’infrazione che rischierebbe di costare più del correttivo chiesto dalla Ue: un costo in termini prima di tutto di interessi sul debito pubblico, che ha da poco perso l’ultima «A» nel rating Dbrs e sente crescere la pressione verso l’uscita progressiva dallo scudo della Bce. Oltre alla Scilla dell’infrazione Ue va evitata la Cariddi di una manovra «depressiva», tale da mettere qualche zeppa ulteriore a una crescita che rimane fragile.
Proprio per poter imboccare questo sentiero stretto, Roma punta a «un’interpretazione intelligente e favorevole alla crescita delle nostre regole», come ha spiegato Gentiloni da Lisbona. All’atto pratico, nella nuova controversia sui decimali si tratterebbe di limitare il conto europeo, magari dimezzandolo verso un solo decimale di Pil che sarebbe più gestibile senza interventi troppo pesanti, e di allargare un po’ i tempi. In questa prospettiva, il cantiere delle misure potrebbe riaprirsi nella fase del Def, ad aprile, quando si tratterà di dare forma agli obiettivi per il prossimo anno e, se serve, a qualche anticipo da avviare già nel 2017.
La soluzione del nuovo tira e molla sui decimali deve però fare i conti anche con le incognite della politica; di quella europea, dove il panorama di falchi e colombe nella commissione va ancora definito, ma anche di quella italiana, riscaldata dai venti elettorali dopo la sentenza costituzionale sull’Italicum (ieri il segretario del Pd Matteo Renzi è tornato a criticare le «letterine» in cui si mostra che «in Europa si è rotto qualcosa»). Da questo punto di vista qualche interrogativo comincia a essere sollevato anche sul percorso di un eventuale intervento correttivo in Parlamento, dove nessuno è ansioso di avvicinarsi al voto votando misure che alzerebbero anche solo di poco la pressione fiscale. Ieri per esempio il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina si è detto «assolutamente contrario» alle ipotesi di aumento dell’Iva, e anche un intervento sulle agevolazioni fiscali, comprese quelle più di nicchia, incontrerebbe un destino simile.
Sul lato della spesa, qualche risultato si può aspettare dalla prima applicazione della riforma del bilancio, che da quest’anno impone a tutti i ministeri di presentarsi all’appuntamento con la manovra dopo aver messo nero su bianco un vero e proprio budget. Ma i tempi di questo percorso sembrano troppo distesi per il calendario europeo.
gianni.trovati@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA