PARIGI - DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Marine Le Pen ha deciso di ribellarsi al Parlamento europeo e di non versare i soldi che le sono stati chiesti a titolo di rimborso per la remunerazione di due militanti del Front National che sarebbero stati pagati in qualità di assistenti parlamentari senza in realtà svolgere un vero lavoro all'assemblea di Strasburgo.
La vicenda risale al marzo del 2015. Quando l'Olaf, cioè l'ufficio europeo della lotta alle frodi, era stato incaricato dal segretario generale del Parlamento europeo, Klaus Well, di indagare sul lavoro effettivamente svolto da una ventina di assistenti parlamentari dei deputati del partito di estrema destra. Nel caso specifico dell'eurodeputata Le Pen, l'Olaf ha ritenuto che almeno due situazioni evidenziassero un lavoro fittizio: quella della sua principale collaboratrice, Catherine Griset, che ha ricevuto circa 300mila euro tra il 2011 e il 2016; e quella della storica guardia del corpo della famiglia Le Pen, Thierry Légier, che ha ricevuto circa 40mila euro negli ultimi mesi del 2011.
In entrambi i casi, secondo l'Olaf, la Le Pen non sarebbe stata in grado di fornire prove sul loro effettivo lavoro di assistenti parlamentari. Mentre i riscontri dimostrano che hanno lavorato, a Parigi, per il partito. Il segretario del Parlamento europeo ha quindi chiesto alla Le Pen di rimborsare questi soldi: 300mila entro ieri e 40mila entro fine febbraio.
La Le Pen – la quale ritiene che si tratti di «una persecuzione orchestrata dai suoi avversari politici» e in particolare dall'ex presidente dell'assemblea, il socialdemocratico tedesco Martin Schultz – ha però deciso di non pagare. E nel contempo di rivolgersi alla giustizia, con una denuncia alla Procura di Bruxelles.
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