Donald Trump fa il suo ingresso sul terreno minato del Medio Oriente e scombina ancora una volta le carte, tra spettri di crisi e spiragli di pragmatismo: dopo una guerra di parole con il nemico iraniano, ha ora preparato nuove sanzioni che potrebbe annunciare fin da oggi in risposta agli ultimi test missilistici di Teheran. Ma se il rischio di una escalation della tensione esiste, fonti dell’amministrazione precisano che potrebbero essere sanzioni calibrate per non mettere per ora in discussione l'accordo nucleare raggiunto dall'amministrazione di Barack Obama e dalle altre potenze internazionali con l'Iran.
E d'improvviso Trump ha anche detto basta a un amico che finora pareva non poter mai sbagliare ai suoi occhi: ha chiesto a Israele e al suo leader Benjamin Netanyahu di cessare l'espansione degli insediamenti nei territori palestinesi occupati, azioni, ha detto, che «non aiutano» la pace nella regione.
L'amministrazione, su Teheran, ha messo a punto un elenco di forse 25 entità iraniane che verranno colpite da un ordine esecutivo del presidente. La Casa Bianca è tuttavia convinta che siano simili a ritorsioni ad hoc in precedenza imposte all'Iran per altre violazioni da parte della stessa amministrazione Obama. Prenderanno di mira in modo specifico enti legati allo sviluppo missilistico e al sostegno al terrorismo. L'accordo nucleare, in cambio della cessazione del programma atomico di Teheran, ha prescritto l'eliminazione di vaste sanzioni economiche. Trump lo aveva ripetutamente denunciato come un pessimo accordo durante la campagna elettorale.
È però sul processo di pace israelo-palestinese che la Casa Bianca ha destato ieri notte le maggiori sorprese: ha emesso un comunicato scritto che corregge, per quanto diplomaticamente, il tiro in un rapporto finora parso di ferro tra Trump e Netanyahu. «Il desiderio americano per una pace tra israeliani e palestinesi è rimasto immutato per 50 anni. Se non crediamo che l'esistenza di insediamenti sia un impedimento alla pace, la costruzione di nuovi settlements e l'espansione degli esistenti al di là dei loro attuali confini potrebbe non essere di aiuto nel raggiungere quell'obiettivo. Come il presidente ha detto più volte, spera di poter raggiungere una pace nell'intera regione. L'amministrazione Trump non ha preso una posizione ufficiale sull'attività degli insediamenti e intende continuare le discussioni, anche con il primo ministro Netanyahu quando visiterà il presidente Trump questo mese».
In precedenza Trump aveva piuttosto inveito contro l'amministrazione Obama per non aver posto il veto all'Onu a dicembre su una risoluzione invisa al governo israeliano che condannava gli insediamenti. E aveva sempre messo in chiaro la propria completa fiducia in Netanyahu. Dopo l'elezione di Trump il leader israeliano aveva scatenato un'ondata di progetti di espansione nei territori occupati, con tremila nuove unità a Gerusalemme Est, senza finora incontrare resistenze a Washington.
All'Onu l'amministrazione Trump ha offerto nelle ultime ore un ulteriore segno di maggior normalizzazione, sulla Russia. L'ambasciatore al Palazzo di Vetro Nikki Haley ha indicato che le principali sanzioni contro Mosca, ieri indebolite sul fronte delle rappresaglie per le interferenze nelle elezioni americane, non verranno cancellate finchè il Cremlino non rispetterà gli impegni sull'Ucraina. Il rispettato senatore repubblicano John McCain, intanto, ha chiamato l'ambasciatore australiano negli Stati Uniti per cercare di ricucire i rapporti con l'alleato dopo la burrascosa telefonata di Trump con il Primo ministro Malcolm Turnbull.
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