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Torna l’allarme Grexit: il biennale greco oltre il 10%

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Torna l’allarme Grexit: il biennale greco oltre il 10%

Afp
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E’un classico esempio di “curva invertita”, cioè quando i rendimenti dei titoli a breve superano quelli a lunga perché i mercati temono l’arrivo di un crisi in arrivo. Infatti i rendimenti dei biennali greci sono balzati al 10,03% rispetto al decennale al 7,8% sull’onda dell’ennesimo braccio di ferro in corso tra Atene e i suoi creditori e sulla divisione nella troika stessa tra il Fmi da un lato e l’eurogruppo dall’altro sugli obiettivi di avanzo primario di bilancio rispettivamente dell’1,5% per Washington e 3,5% per Bruxelles.

I rendimenti dei bond ellenici a due anni sono saliti di 110punti base toccando il 10,03% ieri ad Atene, il punto più alto dal mese di settembre.

Il presidente dell’eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha detto di essere sorpreso dall’ultimo report del Fmi sulla Grecia, che ha detto è stato «inutilmente pessimista». Il Fmi ha ribadito che il debito della Grecia è troppo elevato mettendo in discussione la sua partecipazione a un nuovo programma di aiuti ad Atene, il terzo della serie. Dal rapporto del Fondo emerge che «a fine 2015 l’indebitamento pubblico ellenico ha raggiunto il 179% e non è più sostenibile». Ma il ministro olandese Dijsselbloem non vede possibilità in futuro di tagliare il debito. Il Fondo, invece, ritiene a maggioranza che «malgrado gli enormi sacrifici e il generoso aiuto da parte dei partner europei» la Grecia potrebbe necessitare di un ulteriore alleggerimento perché il debito diventi sostenibile.

Questo alleggerimento si deve fondare su presupposti realistici quanto alle capacità del Paese di generare crescita e surplus in modo continuativo. La maggioranza dei membri della commissione del Fondo, aggiunge il rapporto, non vede alcuna necessità di nuove misure di risparmio in quanto gli adeguamenti raggiunti finora dovrebbero portare nel medio termine a un attivo primario dell’1,5%. Tuttavia alcuni membri (gli europei, ndr) avrebbero preferito un attivo primario del 3,5% al 2018, come previsto dal terzo piano di aggiustamento in corso.

Un possibile taglio del debito è contrastato soprattutto dalla Germania in quanto il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, teme che in questo modo venga ostacolato lo slancio riformistico in Grecia e che questa mossa possa aver effetti negativi per la Cdu in vista delle elezioni di settembre dove l’AfD, il partito eurtoscettico tedesco, avanza nei sondaggi.

La Germania, principale creditore della Grecia, ha sempre detto che il coinvolgimento del Fmi è un prerequisito per il terzo programma di salvataggio da 86 miliardi di euro. Il tabloid tedesco Bild ha riferito la scorsa settimana che il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, sosterebbe l’ipotesi della Grexit se l’Fmi non fosse della partita.

Un report degli analisti della banca svizzera Ubs ritiene che approvare un nuovo accordo senza il Fmi farebbe aumentare il rischio di un default greco. «Se il Fmi non entrasse a far parte del programma di salvatggio per la Grecia sarebbe necessario una nuova approvazione da parte del Bundestag (e di altri parlamenti europei) perché il sì del 2015 era stata subordinata al fatto che il Fondo fosse a bordo del terzo piano di aiuti», ha ricordato Ubs.

«Tuttavia, se Schaeuble fosse costretto a tornare al Bundestag per un voto sul programma greco durante la campagna elettorale, ciò potrebbe creare ulteriori problemi in vista del rimborso dei bond della Grecia con scadenza luglio», ha concluso il report Ubs. Senza contare che il governo Tsipras dovrebbe restituire 8 miliardi di euro a luglio che oggi non ha in cassa.

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