Mondo

La «guerra per procura» che si combatte ad Atene

  • Abbonati
  • Accedi
il focus

La «guerra per procura» che si combatte ad Atene

In Grecia si combatte una “proxy war”, una guerra per procura come quella del Vietnam negli anni 60, in questo caso incruenta, in vista di un tormentato periodo elettorale europeo che comprende le elezioni generali in Olanda il 15 marzo, seguite da quelle presidenziali francesi a due turni, ad aprile e maggio, e infine dalle elezioni politiche in Germania a settembre.

Atene e il suo governo di coalizione di sinistra radicale e nazionalisti di destra dovrebbe dire sì a nuove misure di austerità che il Fmi richiede per raggiungere gli obiettivi di avanzo primario al 3,5 per cento. Lo stallo tra Fmi ed eurozona è durato due anni senza che nessuno dei due contendenti sembrava pronto a recedere dalle rispettive posizioni, un periodo durante il quale il Fmi, che per statuto deve prestare soldi a paesi con debito sostenibile, non ha partecipato a nessun esborso di denaro, ma ha solo incassato i crediti che scadevano. Ieri finalmente è giunta l’intesa per mantenere l’obiettivo al 3,5% di avanzo primario, nessuna riduzione del debito che viaggia al 179% del Pil, ma con nuove misure di austerità per 3,6 miliardi di euro per compensare il mancato “haircut” e la riduzione degli obiettivi di surplus. Il tutto a spese della Grecia.

Come dicevamo ad Atene si combatte da sette anni una “guerra per procura” dove si confrontano due modi ideologici profondamenti diversi per gestire le crisi e l’economia mondiale: da una parte ci sono gli alfieri dell’austerità e dei conti in ordine, il cosiddetto ordoliberalismo tedesco; dall’altra gli esponenti delle teorie keynesiane e del valore del ruolo degli investimenti pubblici in economia in tempi di vacche magre. La definizione di «proxy war» per la Grecia è di Angel Ubide, un economista del Peterson Institute di Washington. Ubide ha affermato che sulla piccola Grecia che conta undici milioni di abitanti e vale il 3% del Pil europeo si gioca la partita della frattura dell’euro che metterebbe fine al principio della sua irreversibilità come sancito dai Trattati europei. La Grecia è diventata suo malgrado un simbolo e un monito per altri Paesi dell’eurozona con i conti in disordine. In sostanza, come ebbe a scrivere la banca d’affari americana JPMorgan in un suo report del 2015, mettere sotto pressione la Grecia e i suoi governi serve come monito ad altri paesi europei poco diligenti secondo i desiderata di Berlino.

Alla base della controversia tra i due maggiori creditori di Atene c’è il fatto che il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea erano profondamente in disaccordo sulle prospettive per l’economia greca. Bruxelles, nelle parole di Jeroen Dijsselbloem (presidente dell’Eurogruppo), ha sostenuto che il fondo era «troppo pessimista» su crescita e avanzo primario. Il Fmi, che era notoriamente più ottimista nelle previsioni economiche all’inizio del programma di salvataggio nel2010, oggi sostiene che la Grecia non sarà in grado di pagare i debiti e ritiene che il debito diventerà «esplosivo», dopo il 2022.

La disputa sulle previsioni di crescita ha causato una spaccatura nel consiglio esecutivo del Fmi che prevede nel suo report sul paese mediterraneo per il 2017 un avanzo primario all’1%, molto distante dal 3,5% preventivato nel Memorandum per il terzo piano di aiuti da 86 miliardi di euro. I paesi dell’Ue, tra cui Francia, Germania, Belgio e Svezia, hanno sfidato le previsioni in una riunione del consiglio lunedì scorso, rendendo pubblico il disaccordo, un evento molto raro.

A quel punto la questione è diventata esplosiva sui mercati facendo balzare i rendimenti sul biennale greco sopra il 10%. La Grecia ha fatto sapere di avere i soldi necessari per far fronte ai debiti senza bisogno di ulteriori tranche di aiuti. Ma la realtà è ben diversa: Atene deve pagare sei miliardi di euro per bond in scadenza secondo stime della banca francese Société Générale entro luglio. Bruxelles temeva uno scenario in cui la prolungata incertezza avrebbe finito per fare evaporare la fiducia degli investitori così in extremis è arrivato il compromesso.

© Riproduzione riservata