Lo spread BTp-Bund, ieri, ha chiuso a circa 201 punti base. Non solo: la differenza di rendimento tra il decennale francese e quello tedesco è, durante le contrattazioni, andata oltre 84 basis points. Infine: lo stesso differenziale tra Madrid e Berlino, sempre nell’intraday, si è arrampicato fino al livello dell’1,85%.
Insomma, gli spread di Eurolandia si sono allargati. Certo: alcuni dei movimenti descritti, in serata, sono rientrati. E, però, il segnale è stato inequivocabile: il nervosismo, se non il timore, riguardo al possibile «break up» dell’euro è nuovamente salito. Gli operatori si sono rifugiati nel più classico dei «fly to quality». Cioè: gli acquisti sono stati realizzati per investire i soldi in asset che, a torto o ragione, sono considerati sicuri. Porti dove l’eventuale tempesta del fallimento dell’euro non dovrebbe fare danni.
Così c’è stato un flusso di «buy» sul bund. Il rendimento del titolo decennale tedesco, il quale (ovviamente) scende nel momento in cui il suo prezzo sale, è scivolato sotto lo 0,194%. Di più: il tasso del governativo biennale di Berlino è arrivato oltre il valore negativo di -0,95%.
A fronte di un simile contesto il signor Rossi, però, domanda: quali le concrete motivazioni della fiammata di ieri? La prima risposta è legata, per l’appunto, al riaffiorare dei timori conseguenti alla variabile politica. La paura riguarda soprattutto le presidenziali francesi e lo spauracchio rappresentato da Marine Le Pen. In mattinata è rimbalzata, tra le sale operative, la notizia che i consiglieri della candidata all’Eliseo hanno incontrato diverse banche internazionali. Un meeting in cui, tra i diversi temi analizzati, c’è stato anche quello dell’uscita della Francia dall’euro.
È chiaro che, a fronte di una simile notizia, i mercati si sono innervositi. Da un lato diversi operatori, realmente impauriti, sono andati in caccia del «safe haven» (il bund). Dall’altro, invece, molti hanno speculato sul «news flow» e sono riusciti a portarsi a casa importanti plusvalenze.
Ma non è solamente l’attesa per le elezioni in francia. Alcuni analisti hanno sottolineato un altro aspetto. Quale? La carenza d’offerta di titoli tedeschi in scia al programma di acquisti mensili da parte della Bce. In particolare, dopo che il mercato ha avuto la certezza che la Bundesbank sta acquistando titoli con rendimenti inferiori al -0,4%, gli investitori si sono concentrati sulla scadenza biennale. Con il che il tasso del governativo si è, per l’appunto, ulteriormente schiacciato.
Fin qui alcune considerazioni rispetto al reddito fisso. Quale, invece, l’andamento dell’azionario? I principali listini europei hanno archiviato la giornata in negativo. Londra ha perso lo 0,38% mentre Francoforte ha ceduto l’1,2%. In rosso, poi, la stessa Milano (-1,18%) e poi Parigi (-0,94%). Qui. al di là dell’impatto delle singole storie (quali, ad esempio, quella di Vivendì e Vincent Bollorè), rileva più in generale la questione politica. Il Cac40 e il Ftse Mib sono infatti, da inizio anno, le sole Borse in rosso. Una dinamica, evidentemente, dovuta al timore per le elezioni (certe in Francia e probabili in Italia).
Dall’azionario a monete e commodity. Ieri l’euro, dopo avere superato quota 1,06 verso il dollaro, ha chiuso invariato. Il petrolio, invece, è calato dello 0,6%. Un trend al ribasso analogo a quello che si è registrato, in asta, con il tasso del BoT a 6 mesi che si è assestato a -0,294%.
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