NEW YORK
Collocato a 17 dollari, è partito di scatto attorno a 25 dollari. E ha poi tagliato il traguardo finale della prima giornata al New York Stock Exchange senza fare una piega e senza mai guardarsi indietro, con un guadagno che ha sfiorato il 50% (per chiudere a +44%) e una capitalizzazione di mercato da oltre 33 miliardi includendo tutte le categorie di azioni e opzioni sottostanti.
Il debutto di Snap, forte della popolare app Snapchat che fa tabula rasa dei messaggi nel giro di poche ore, ha tenuto più che fede ad attese entusiastiche. Con la rapidità dello schiocco evocato dal suo marchio e simbolo in Borsa, il titolo si è impennato al via ufficiale dei suoi scambi arrivato poco dopo le 11 di mattina americane. E dopo che il co-fondatore e schivo guru della società - il 26enne amministratore delegato Evan Spiegel che leggenda vuole si ispiri a Steve Jobs e qualcuno già azzarda a paragonare a Mark Zuckerberg - aveva celebrato l’evento suonando la campanella di apertura in Borsa quasi due ore prima.
È stato, a conti fatti, il secondo sbarco in Borsa per dimensioni da quello del colosso dell’e-commerce cinese Alibaba nel 2014 e il maggiore nei social network dall’avvento di Twitter l’anno precedente. Sufficiente a scatenare scommesse su quali degli altri 150 “unicorni”, le startup tecnologiche valutate oltre il miliardo, sarà la prossima a scendere sul parterre, anche se finora non ci sono segnali che tra queste ci siano i due giganti titubanti di Uber e Airbnb.
Gli investitori ieri non sono stati frenati neppure dalla novità del collocamento di Snap, questa completamente senza precedenti a Wall Street: ha rastrellato 3,4 miliardi di dollari vendendo 200 milioni di titoli senza alcun diritto di voto e con i co-fondatori - accanto a Spiegel il 28enne chief technology officer Bobby Murphy - che mantengono il controllo effettivo di quasi il 90 della società. Grazie all'exploit sul mercato i due hanno anche portato a casa un guadagno sulla carta di 3 miliardi di dollari nella loro fortuna personale, stimata ora in cinque miliardi a testa.
Gli analisti sono rimasti meno entusiasti degli investitori, sottolineando le incognite di performance e di strategia che ancora gravano sul gruppo californiano che nell’ultimo anno ha sofferto perdite per 515 milioni. Negli ultimi due trimestri, più preoccupante, ha visto l’incremento sequenziale degli utenti scendere al 7% e al 3,3% dal 14% e 17% dei primi due trimestri del 2016. Almeno due società di analisi hanno cominciato ieri a seguire Snap con rating negativi. «Snap presenta agli investitori l’opportunità d investire in una società alle spalle di una piattaforma innovativa, di vaste dimensioni e orientata ad un pubblico giovane», ha commentato Brian Wieser di Pivotal Research. «Sfortunatamente, appare sopravvalutata in modo significativo una volta esaminate le opportunità e i rischi collegati all’esecuzione delle strategie», ha aggiunto. La sua raccomandazione sul titolo ne consegue: “Sell”, vendere. Simile la presa di posizione di Instinet: «Snap si è quotata mentre la crescita dei suoi utenti e i suoi tassi di monetizzazione cominciano a rallentare in modo marcato» ha scritto il suo veterano analista di media Anthony DiClemente». Crediamo che le opportunità di crescita delle entrate di Snap siano limitate rispetto alle aspettative e che quindi le azioni fossero già valutate più che correttamente al prezzo dell'Ipo».
L’analista ritiene che la battuta d'arresto del gruppo sia legata anzitutto alla concorrenza, in particolare del servizio di Instagram Stories lanciato lo scorso agosto dal leader del settore dei social network Facebook. Non tutti sono però pessimisti. Una terza società di rating sulle azioni, Aegis, ha emesso una raccomandazione neutrale. Numerose grandi banche, coinvolte direttamente nel collocamento, devono inoltre sottostare al divieto temporaneo di pubblicare analisi e raccomandazioni sulle azioni. Il dibattito aperto e irrisolto è se Snap saprà ripercorrere la strada della grande rivale Facebook, che superò un primo anno difficile in Borsa e da allora si è riscattata con una continua innovazione e espansione soprattutto sulla frontiera del mobile; oppure se seguirà le più faticose orme di Twitter, che ha invece inciampato nell'incapacità di rinnovarsi e generare reddito.
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