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Cia, una crisi di diritti e privacy ma anche di intelligence

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L'Analisi|analisi

Cia, una crisi di diritti e privacy ma anche di intelligence

La saga dell'intelligence americana esplode nuovamente in una crisi aperta. Già impegnata in una guerra domestica di attrito con il presidente Donald Trump, ora è finita nuovamente sotto attacco dall'esterno, da WikiLeaks. E la stabilità perduta dalla Cia e dalle sue agenzie sorelle si allontana ancora, sollevando - accanto a nuovi e intensi dibattiti su privacy e diritti nell'era della connettività assoluta - interrogativi anche sui rischi che possano venire scosse o compromesse legittime missioni di sicurezza nazionale.

L'organizzazione di Julian Assange ha annunciato un nuovo colpo a effetto: la pubblicazione di migliaia di documenti della Cia che, a suo dire, descriverebbero l'uso di sofisticati strumenti per violare e intercettare gadget e comunicazioni, compresi smartphone, computer e tv intelligenti collegate a Internet. Rivelazioni, per impatto, potenzialmente paragonabili o superiori agli grandi recenti shock, dai documenti portati alla luce da Chelsea Manning a quelli denunciati da Edward Snowden.

In gioco, ha affermato WikiLeaks, sarebbe potenziali abusi di potere da parte dei servizi segreti statunitensi e alleati e la loro capacità di superare anche gli sforzi più sofisticati di crittazione da parte di società e servizi hi-tech, da WhatsApp a Signal e Telegram. Ma, se un giudizio potrà emergere solo con un completo e attento esame della documentazione, la partita potrebbe allargarsi. Potrebbe mettere sul tavolo la credibilità stessa dell'intelligence. Un “serio colpo”, l'ha definito il New York Times, alle attività della Central Intelligence Agency, alle sue abilità di hacking, di pirateria informatica, considerate essenziali dalla Cia nell'ambito di obiettivi e operazioni di spionaggio. E un segno, verrebbe da dire, di quanto sia sempre più urgente più in generale interrogarsi su quale debba essere in futuro un equilibrio tra preoccupazioni di privacy e difesa dei diritti dei cittadini da abusi e violazioni e le legittime attività di sorveglianza, adeguatamente supervisionate e monitorate da autorità e meccanismi democratici.

Le nuove rivelazioni, ad una prima lettura, espongono programmi top secret con nomi in codice esotici quali Weeping Angel, in grado di entrare d nascosto nelle smart Tv della Samsung trasformandole in strumenti di ascolto e intercettazione. Un altro, Umbrage, contiene un vasto catalogo di ciberattacchi e malware prodotti da potenze avversarie quali la Russia che la Cia potrebbe utilizzare, oltre che per difendersi, per lanciare a sua volta offensive cibernetiche confondendo le tracce. Certo è anche che già la prima tranche di documenti, originati dall'archivio del Center for Cyber Intelligence e datati 2013-2016, è composta da 7.818 pagine web e 933 attachments. Nell'intera cassaforte della Cia venuta in possesso di WikiLeaks ci sarebbero però in tutto centinaia di milioni di linee di codice di programmazione. E WikiLeaks ha a sua volta un nome in codice per l'operazione, Vault 7. La fonte che ha passato le informazioni classificate non è stata rivelata, con l'organizzazione che si è limitata a indicare che si tratterebbe di un ex hacker o di un dipendente a contratto che lavorava per il governo. La Cia ha risposto con un “no comment”. Ma è un silenzio che la dice lunga su una crisi che nessuno dovrebbe prendere alla leggera.

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