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la nuova diplomazia trump

Corea del Nord, Usa non escludono azione militare: «Pazienza è finita»

Rex Tillerson alla frontiera di Panmunjom. Sullo sfondo, oltre il confine, due soldati nordcoreani
Rex Tillerson alla frontiera di Panmunjom. Sullo sfondo, oltre il confine, due soldati nordcoreani

TOKYO - L’anteprima era stata giovedì a Tokyo, nella prima tappa del primo viaggio all’estero del nuovo capo della diplomazia dell’amministrazione Trump: il segretario di Stato Rex Tillerson aveva dichiarato «un fallimento» vent’anni di politica statunitense verso la Corea del Nord, mettendo nel calderone gli approcci delle presidenze Clinton, Bush e Obama. Ieri a Seul il capo della diplomazia di Donald Trump ha precisato: «Che sia ben chiaro: la pazienza strategica (dell’amministrazione Obama verso Pyongyang) è finita».

Non ci sarà alcun dialogo prima dell’abbandono dei programmi balistici e nucleari; anzi sul tavolo c’è anche l’opzione di un attacco militare se i nordcoreani elevassero il loro programma militare fino a un punto che Washington riterrà inaccettabile.

Monito alla Corea del Nord

Tillerson non ha precisato quale sia questa “linea rossa”, ma si sa che la Corea del Nord sta cercando sia di sperimentare missili intercontinentali in grado di raggiungere la costa occidentale americana sia di miniaturizzare testate atomiche in modo da poterle montare sui missili balistici a lunga gittata.
Vari osservatori, comunque, non ritengono saggio che Tillerson, digiuno di esperienze di alta diplomazia, faccia tanto il duro in questo momento. Non tanto per il rischio che una minaccia diretta e conclamata di intervento militare spinga Pyongyang ad accelerare anziché frenare i suoi piani di deterrenza strategica, ma soprattutto perché si sta aprendo in Corea del Sud una delicata campagna elettorale dopo la destituzione della presidente Park per uno scandalo politico-affaristico: un nuovo governo a Seul, guidato dal centrosinistra oggi all'opposizione, sarebbe molto probabilmente favorevole semmai a una linea più morbida.

Tillerson ha anche criticato la Cina sia per non fare tutto quanto necessario per esercitare pressioni su Pyongyang sia per l’avvio di un semi-boicottaggio economico verso Seul per la decisione di accettare l’installazione dell’avanzatissimo sistema antimissilistico americano THAAD (che Pechino considera una minaccia per la sua stessa sicurezza nazionale). Un tema che è anch’esso al centro delle campagna elettorale in Corea del Sud: lo stesso candidato favorito nei sondaggi, Moon Jae-in, sta dando indicazione di voler riconsiderare la questione. Proprio per questo si ha la sensazione che gli Usa vogliano accelerare i tempi del dispiegamento del THAAD.

Intanto Donald Trump ha inviato un tweet dei suoi, poco diplomatico: «La Corea del Nord si sta comportando molto male. Ci hanno giocati per anni. La Cina ha fatto poco per aiutare!». L’ultima tappa asiatica del segretario di Stato è quella di oggi a Pechino: le premesse ci sono tutte perché trovi una accoglienza fredda.

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